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Fini rivuole legge e ordine Gli ex An non mollano

Gianni Alemanno, Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini

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Legge e ordine rimettono assieme An. Almeno per una serata. La fiaccolata di Palermo in ricordo di Paolo Borsellino fa sfilare assieme uno a fianco all'altro tutti i leader delle anime della destra. Anche se ognuno con il suo stato d'animo. Anche in conflitto con quello degli altri. Gianfranco Fini s'è ricordato che una delle parole d'ordine della destra era proprio la legalità. Non che l'avesse proprio dimenticato, ma certo era un concetto finito un po' in disuso. Ora srotola la vecchia bandiera e va alla riconquista della base del suo vecchio partito, stordita dalle battaglie sui diritti. E così ha deciso di partecipare alla manifestazione di commemorazione per il giudice assassinato dalla mafia. Una partecipazione che intanto lo ha riconciliato con Giogia Meloni. La ministra della Gioventù, nello scontro con Fini, si era schierata con Berlusconi. Non senza strappi o dolori che si sono trascinati sino ai primi di luglio, quando in aula è arrivato il suo disegno di legge sulle comunità giovanili. Testo bersagliato dai finiani non ortodossi come Barbareschi e Della Vedova. Ma soprattutto da Flavia Perina che aveva usato parole pesanti come il piombo: «L'idea di fissare per legge una soglia di età in cui si diventa, da giovani, adulti e di fissarla in un'età così avanzata, come i 35 anni, secondo me non è soltanto fuori dalla logica, ma anche dalla tradizione politica italiana, dove non c'è movimento giovanile, forma di associazionismo o esperienza, dal volontarismo giovanile del 1915-18 ad oggi, che abbia incardinato l'idea di gioventù ad una soglia di età superiore ai trent'anni». Parole che erano suonate come una sconfessione in piena regola anche del fatto che la Meloni, anno di nascita 1977, sia ancora leader dei giovani del Pdl. La ministra a Palermo ha chiuso una fase politica, tanto che ha difeso Fini quando ha detto che lo stalliere di Arcore non era un eroe e ha anche criticato Berlusconi e la sua battuta su Rosy Bindi (un evergreen): «Silvio ha sbagliato». Gianfranco gongola mentre in piazza si ritrova anche Andrea Augello: un tempo, quando guidavano le organizzazioni giovanili, sono arrivati a darsele; oggi il sottosegretario fa il mediatore per suo conto e pro tempore al cospetto di Berlusconi. Non ci sta a lasciare Fini appropriarsi di law and order uno come Maurizio Gasparri. Uno cioé che ha sempre fatto le battaglie al fianco di poliziotti e carabinieri, che s'è messo a litigare con Tremonti per evitare i tagli sulla sicurezza, uno che ha alzato la voce contro la mafia, che ha fatto i convegni in difesa dei magistrati. E così anche lui è volato a Palermo. Dove è arrivato Gianni Alemanno, sceso in Trinacria anche per difendere i ragazzi della Giovane Italia che avevano chiesto di non candidare i condannati per mafia subito dopo la sentenza su Dell'Utri: «Abbiamo dimostrato - dice l'alemanniano Mauro La Mantia, leader dei giovani pidiellini palermitani - che le nostre posizioni sulla questione morale, come nel caso di Dell'Utri, non sono affatto minoritarie o controcorrente. Sono invece condivise dalla quasi totalità della base del partito».   Dunque, gli ex An si ritrovano. Divisi, spaccati, con gli strascichi di una battaglia politica che ha separato amicizie trentennali, in piazza mostrano i muscoli come se fossero già entrati in una fase congressuale. L'altra sera in piazza c'erano più di tremila persone. È come se avessimo organizzato una manifestazione a Roma con 50mila partecipanti», commenta nel day after Augello. Ma nessun grande mezzo di comunicazione lo ha rivelato. Il giorno prima, alla kermesse del popolo delle agendine rosse di matrice dipietrista ce n'erano meno di cento e la stampa aveva titolato a torto: Palermo dimentica Borsellino. Non è così: su legge e ordine la destra è forte.  

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