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Adesso il Pd trema e difende Bersani

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IlPd trema. È bastato che l'incontenibile Nichi Vendola annunciasse l'autocandidatura alle «non ancora fissate» primarie del centrosinistra per scegliere il candidato premier e la nomenclatura Democratica è stata costretta a compattarsi per arginare la foga del governatore pugliese. Parola d'ordine? Respingere l'attacco e fare quadrato attorno al segretario per evitare che la leadership del partito, già traballante, rischi di indebolirsi ulteriormente. E così, proprio mentre il leader di Sinistra, Ecologia e Libertà tenta l'assalto al Pd definendolo «il pilastro decisivo di una coalizione alternativa a Berlusconi», Pier Luigi Bersani, capo del principale partito di opposizione, lancia il suo avvertimento: «Noi abbiamo le nostre procedure. Quando sarà il momento giusto ognuno potrà dare il proprio contributo, e un importante contributo viene anche a Vendola. Però questo non è il momento e non c'è dubbio che dobbiamo concentrarci su questa fase senza distrazione». A Largo del Nazareno, nonostante l'apparente pacatezza delle dichiarazioni, la paura di doversi scontrare con Nichi Vendola, è evidente tanto che, la prima a sfogarsi, è la presidente del Pd, Rosy Bindi: «Che Vendola abbia una certa simpatia, che piaccia nel Pd, non ci sono dubbi. Che si possa costruire una leadership per sfidare il futuro candidato del centrodestra, credo che dalla Puglia all'Italia il passo sia così lungo che non basta la sorpresa». E, dopo di lei, molti altri Democratici hanno tuonato. Il senatore Marco Follini non ha dubbi: «Consegnare il Pd e l'intero centrosinistra a Vendola significa arroccarsi in una trincea minoritaria dalla quale non si parla ad un'Italia moderata, che è quella che fa la differenza». L'eurodeputata Debora Serracchiani vede nella corsa in avanti di Vendola la possibilità «di bruciarsi». Ma sono i fedelissimi di Massimo D'Alema a riservare le frasi più dure all'aspirante premier. Un'occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe nei confronti del governatore colpevole di essere riuscito a sconfiggere alle primarie del centrosinistra per la presidenza della Regione Puglia un altro dalemiano doc, Francesco Boccia. E così prima si sfoga il senatore Nicola Latorre («La sua idea di scendere in campo per sparigliare il centrosinistra non mi sembra uno straordinario programma di governo»), e subito dopo, gli fa eco la capogruppo a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro: «Ora tutto bisogna fare meno che indebolire la leadership del partito». Lo spauracchio Vendola non solo ha seminato preoccupazioni all'interno del Pd, ma anche nel resto dell'opposizione, da l'Idv all'Udc, che ha alzato le barricate. E così, mentre Antonio Di Pietro minimizza il problema («Siamo contrari alla sua discesa in campo per sfidare Berlusconi. Di candidati ce ne sono altri e di ben altra portata»), il leader dei centristi Pier Ferdinando Casini prima ne elogia il coraggio («ha ottime possibilità di essere il candidato della sinistra a Palazzo Chigi») poi avverte: «Naturalmente io non lo appoggerei». E a destra? In casa Pdl c'è già chi, come il finiano Tatatella, usa il caso Vendola per avvertire Berlusconi: «Deve cambiare atteggiamento nel partito, mandando via Cosentino e Verdini e lo stuolo di incapaci, inetti e qualche volta impresentabili». Altrimenti «si perderà».

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