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Lara Sirignano Il popolo delle agende rosse ha l'accento veneto, toscano, milanese, emiliano.

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Eoggi ha scelto di sfilare in corteo, a Palermo, per ricordare Paolo Borsellino, alla vigilia del suo assassinio, e per chiedere la verità su una morte - ne è certo il giudice Giuseppe Ayala, amico e collega del magistrato ucciso - che non fu decisa solo da Cosa nostra. I palermitani, invece, che, 18 anni fa, videro la colonna di fumo levarsi da via D'Amelio e i corpi martoriati di Borsellino e degli agenti della scorta, hanno scelto di restare a casa. «Colpa del caldo», spiega Rita Borsellino, eurodeputato e sorella del magistrato assassinato. «Effetto di un ritorno all'indifferenza del passato», commenta, scoraggiato, uno dei pm di punta della procura antimafia di Palermo, Nino Di Matteo. Quale che sia la ragione dell'innegabile flop della manifestazione organizzata dal movimento delle agende rosse per commemorare l'eccidio, la marcia verso il castello Utveggio, sede riservata del Sisde, diventato simbolo del coinvolgimento di pezzi dello Stato nella stagione delle stragi, è stata un marcia quasi solitaria. Neppure cento persone: la maggior parte arrivata a Palermo da città del Nord. Sfiancate da un caldo feroce, hanno sfidato una salita mozzafiato con in mano l'agenda rossa, emblema della verità negata sull'esplosione di via D'Amelio. Un riferimento al diario in cui Paolo Borsellino appuntava riflessioni, pensieri, ma anche intuizioni e spunti di indagine e in cui potrebbe avere scritto ciò che sapeva della trattativa tra Stato e mafia. L'agenda, da cui - dicono familiari e colleghi - il giudice non si separava mai, sparì dopo l'esplosione. Uno dei tanti misteri, su via D'Amelio, che impegna gli investigatori «prossimi - secondo Salvatore Borsellino, fratello del giudice e promotore della manifestazione - alla verità». Ma la verità, teme Borsellino, potrebbe sfuggire quando si è a un passo dall'intravederla. «In un momento così delicato - dice - non c'è solo il rischio, ma la certezza che ci siano tentativi di depistaggio, alcuni anche istituzionali. Mi riferisco alla protezione negata al pentito Gaspare Spatuzza, che su via D'Amelio, con le sue dichiarazioni, ha aperto scenari inquietanti. Non a caso si è deciso di non ammetterlo al programma di protezione».

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