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Tremonti il rigorista rafforzato dall'asse col partito del Nord

Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti

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Stavolta potrebbe essere lui «ad un tornante della storia», come dice spesso riferendosi alla linea del rigore. Con l'aria che tira sul governo, gli occhi sono puntati sul ministro dell'Economia Giulio Tremonti. D'accordo: gli scenari lasciano il tempo che trovano. Ma negli ultimi tempi qualcosa è accaduto. Intanto Tremonti è l'unico che è stato rafforzato dagli eventi. La sua manovra, tanto osteggiata in Italia, ha ricevuto il via libera dell'Ue. Non era scontato. Di insidie ce n'erano parecchie. Ma l'Ecofin, che riunisce i ministri economici e finanziari europei, ha dato il via libera alle misure prese dal governo, considerandole «effettive e adeguate», «in linea con gli impegni presi e con i calcoli fatti». E pensare che nello stesso giorno della promozione del ministro, Bankitalia certificava un balzo in avanti del debito pubblico. Ma Tremonti ha minimizzato: «Io non farei mai a cambio con chi ha un debito pubblico basso e un debito privato alto». Ma questo è niente. Pochi giorni prima al ministro del Lavoro Sacconi, che aveva parlato di un «refuso» a proposito dell'emendamento che avrebbe fatto saltare il limite di 40 anni per i contributi utili per la pensione, ha risposto (indirettamente) senza mezzi termini. «Non era un refuso», ha detto Tremonti, aggiungendo che «un'importante riforma delle pensioni è stata fatta passare in Italia con un emendamento senza che si facesse un solo giorno di sciopero». Poi ha retto al confronto con le Regioni. Mica uno scherzo trovarsi di fronte i governatori inferociti pronti a restituire le deleghe. «Cominciate a ridarci quella sui controlli delle pensioni d'invalidità», ha risposto Tremonti, di fatto accusandoli di far lievitare, a causa di controlli inefficaci, i costi. Ma soprattutto ha gelato i governatori comunicandogli che la manovra non sarebbe stata modificata. È stato in quel momento che il fronte delle Regioni si è rotto e i governatori del Nord sono diventati più «prudenti». Prima di ricompattarsi, ieri, anche con i Comuni. Insomma Tremonti è andato dritto per la sua strada. Deciso: «Austerità significa solidarietà e responsabilità», ripete spesso. Infine ci sono i suoi rapporti con la Lega Nord. Altro punto di forza del ministro dell'Economia. Da sempre. Non è un caso che ieri il leader del Carroccio abbia detto: «Per ora il governo va bene, nei prossimi anni non so». E abbia parlato a lungo con Tremonti. Alla fine della chiacchierata, al Senato nel corridoio «dei busti» che collega palazzo Madama a palazzo Carpegna, le prossime mosse del governo erano stabilite. Fiducia sulla manovra alla Camera senza sconti alle Regioni e alla fine di luglio lo schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale. Sì anche al testo sulle intercettazioni. Nessuno spazio, ovviamente, per il terzo incomodo, Gianfranco Fini, che in effetti è stato rafforzato dalle dimissioni prima di Brancher e poi di Cosentino. Berlusconi uscirà anche da queste fibrillazioni, ne sono sicuri sia Bossi sia Tremonti. Ma nel caso la situazione dovesse precipitare, allora il ministro dell'Economia sarebbe in pole position. Solo a essere riuscito a tenere dritta la barra. Altro che le larghe intese auspicate dal leader dell'Udc Casini. O la corte che il Pd sta facendo alla Lega. Nelle scorse settimane il segretario Bersani avrebbe spiegato al leader del Carroccio che, in caso di caduta dell'esecutivo, si potrebbe fare un governo tecnico, che porti a casa il federalismo. Ma nel Pdl scommettono che non ci sarà un altro patto sul modello del '94, che Bossi non tradirà Berlusconi. Piuttosto si gioca una partita diversa, di cui Tremonti è l'ago della bilancia. Unico a tenere insieme il Carroccio e il Pdl con la benedizione di Berlusconi. E senza remore verso nessuno. Tremonti è uno che non cede di un millimetro. Anzi è sempre pronto al contrattacco. Sa che la paura è uno degli assi portanti di ogni politica. Come la speranza.

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