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Nel Pdl è ora di separarsi

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Scontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini alla direzione del Pdl

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Il Pdl, come soggetto politico unitario, non esiste più. Prendiamone atto una buona volta, se non altro per rispetto verso gli elettori del centrodestra. Non ci sono in giro Talleyrand in grado di mettere pace tra i duellanti. Né si intravvedono spiragli di soluzione a una crisi profonda che erodendo perfino amicizie antiche e rapporti consolidati. Per quanti sforzi si facciano, ogni giorno si è costretti a tornare al punto di partenza. Insomma, sul Pdl è calato il sipario e tanto i protagonisti quanto i comprimari devono accettarlo, sia pure con dolore. L'accanimento terapeutico, in questo caso, è mostruoso. Ci si separi, dunque, nei modi e nelle forme che si riterranno opportune, e ognuno si assuma le doverose responsabilità imboccando la strada che ritiene più consona alla realizzazione delle proprie aspirazioni. La contesa è personale e politica. Tra Berlusconi e Fini non c'è più nulla. Immaginare di ricomporre un rapporto, magari soltanto per necessità, è pura illusione. La divaricazione tra i due ha portato alla costituzione di due partiti sotto uno stesso tetto: è possibile che una situazione del genere possa durare ancora senza produrre ulteriori danni al governo e al Paese? Si sa che si ragiona, in diversi ambiti del Pdl, perfino contigui, sul dopo Berlusconi: se la prospettiva è quella di posizionarsi in vista dell'evento che segnerà il big bang della politica italiana, non vale forse la pena di trarre le naturali conclusioni derivanti dalla disarticolazione della maggioranza e cercare di portare avanti finché è possibile la legislatura misurandosi con i problemi sul tappeto, ma senza vincoli partitici che obbligano lealisti e dissidenti a estenuanti schermaglie che nauseano l'elettorato di centrodestra? Non è detto che i separati fuori casa debbano per forza guerreggiare. Possono trovare congrue convergenze su tanti provvedimenti e tenersi le mani libere su altri. A prescindere dai numeri, credo che la vita dei gruppi parlamentari del Pdl risulterebbe qualitativamente migliore senza l'incubo dello scambio continuo, delle trattative incessanti, del pericolo dei trabocchetti. E, naturalmente, ognuno si organizzerà come riterrà più opportuno al proprio interno. Il tempo dirà se la separazione sarà stata proficua o meno. Certamente non ci farà più assistere allo spettacolo avvilente andato in scena in queste ultime settimane. Chi ha dei dubbi sulla bontà dell'operazione che ci permettiamo (non richiesti) di consigliare, guardi a ciò che è accaduto e accade in casa Pd. Si vuole ridurre il Pdl nelle stesse condizioni del partito di Bersani? Anche all'oscenità c'è un limite. E noi speriamo che il partito del Cavaliere, con tutte le sue componenti - ben ventitré - non lo superi. Se non altro per rispetto a chi ci ha creduto abbandonando la casa di provenienza per approdare in una palestra di rancori dove la politica non è entrata mai. Separarsi, comunque, non sempre vuol dire dirsi addio. Ci sono però momenti nella vita in cui stare insieme non è difficile, ma impossibile.  

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