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Ora nella bufera finisce il sottosegretario Caliendo

Il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo

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Una «struttura riservata» costituita dai magnifici tre, l'ex faccendiere Flavio Carboni, l'imprenditore Arcangelo Martino e il giudice tributario Pasquale Lombardi, che svolgeva «in maniera sistematica e pianificata un'«indebita attività di interferenza sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche". I loro referenti politici erano Dell'Utri e Verdini. Quelli «giudiziari», il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo, il capo degli ispettori di via Arenula Arcibaldo Miller e il presidente della commissione per la Valutazione, la trasparenza e l'Integrità delle amministrazioni pubbliche Antonio Martone. Questa, secondo l'ipotesi ivestigativa dei carabinieri, è la nuova «P2». Al momento la posizione di Caliendo, Miller e Martone è al vaglio dei pm romani. Ma il sottosegretario ieri ha smentito il suo coinvolgimento nel «sodalizio», affermando che all'associazione «Centro studi giuridici per l'integrazione europea Diritti e Liberta» (secondo gli inquirenti un paravento dell'organizzazione), ha «sempre dato solo un contributo culturale». Continua il sottosegretario: «Di tutte le altre operazioni del gruppo o dell'attività extra di Lombardi non ne so nulla, non ho mai avuto rapporti con Flavio Carboni e non ho mai avuto la sensazione che Lombardi frequentasse certe persone». Dall'ordinanza cautelare si sarebbe «reso conto che Lombardi millantava. Ha millantato anche con i miei amici: Vincenzo Carbone (ex presidente della Cassazione, ndr) lo conosco da 40 anni perchè sono stato suo uditore. Poteva essere Lombardi intermediario tra me e lui? Forse ho sbagliato a rispondere al telefono, ma Lombardi era incensurato e lo conosco da 30 anni. Al telefono parlava molto di cazzate che io non no mai preso in considerazione. Mai avuta la sensazione che usasse il Centro per interessi privati». Sarà. Ma dalle intercettazioni allegate al mastodontico fascicolo dell'inchiesta emerge il sospetto che non sia così. Alle 18.17 del 23 settembre 2009 Caliendo e Lombardi parlano delle forze che possono mettere in campo alla Consulta in vista della decisione sul Lodo Alfano del 6 ottobre: Lombardi: «Amm' fa nu poc' nà conta a vedè quanti sonn' i nostri e quanti sonc i loro, per cui se potimm' correre ai ripar', mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto». Caliendo chiede ancora informazioni sulla riunione a cui non ha potuto partecipare. Lombardi gliele fornisce, spiegando che i partecipanti all'incontro hanno anche deciso di vedersi ogni settimana per verificare come stia andando la cosa «e poi giustamente abbiamo fissato che ogni giorno,..,ogni giorno... ogni settimana bisogna che ci incontriamo per discutere tra di noi e vedere quale...ando 'sta o' buono e ando 'sta o' malamente». «Va buo'...», replica il sottosegretario. E Lombardi aggiunge che «questa è una cosa molto importante. Ormai guaglio' ti è spianata la via per i' a fà o' Ministro, o' vuoi capiscere o no?». In un'altra telefonata (del 4 novembre 2009), Caliendo spiega a Lombardi che lo deve vedere per parlargli a voce perchè «se qualcuno vede, succede la fine del mondo». E ancora. Il 9 dello stesso mese i due si risentono. Il soggetto della conversazione è Carbone. Lombardi spiega: «Eh allora te lo devi lavorare tu, perché io me lo sono lavorato già bene!». E lui risponde: «Sì sì sì sì. È proprio una vergine eh!».

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