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Berlusconi ringrazia Resta il nodo Verdini

Nicola Cosentino

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  Lo schema è ormai collaudato. Fiducia e solidarietà in pubblico, non dare mai ragione ai pm o a Fini (che per i berlusconiani ormai è un fronte unico); un passo indietro in privato lasciando aperta la possibilità di un eventuale recupero in un futuro. Dopo Scajola e Brancher - ma se si ripercorre un po' il passato l'elenco è più lungo - anche Nicola Cosentino obbedisce a quella che ormai è una «regola» in questo governo Berlusconi. Il sottosegretario casertano è coinvolto in quella che i magistrati disegnano come una faida interna al Pdl culminata in una guerra di falsi dossier tesa a screditare l'allora candidato alla presidenza della Campania, Stefano Caldoro, facendolo passare per uno che aveva il vizietto dei trans come Marrazzo. A metà pomeriggio Cosentino, che è anche coordinatore del Pdl in Campania, varca il portone di palazzo Chigi per partecipare a un vertice con i coordinatori nazionali Verdini e La Russa, i capigruppo Cicchitto e Gasparri e il suo vice Quagliariello. La decisione è che il leader campano del Pdl si dimette da sottosegretario all'Economia ma non da coordinatore del Pdl in Campania. Lascia il governo anche perché mercoledì prossimo si sarebbe votata a scrutinio segreto una mozione di sfiducia nei suoi confronti ed era ormai chiaro che finiani e anche larghe fette degli ex Forza Italia avrebbero votato per la sua cacciata. Dunque, Cosentino lascia a metà. E come nella migliore tradizione dello schema collaudato passa alle accuse: «Ho deciso di concerto con il presidente Berlusconi - spiega Cosentino in una nota - di rassegnare le mie dimissioni da sottosegretario per potermi completamente dedicare alla vita del partito, particolarmente in Campania, anche al fine di contrastare tutte quelle manovre interne ed esterne poste in essere per fermare il cambiamento». L'ormai ex vice di Tremonti si definisce estraneo alle accuse che gli vengono mosse dai magistrati e se la prende con il presidente della Camera che ha subito messo in calendario l'atto con il quale lo si voleva estromettere dall'esecutivo: «Tale atteggiamento - sottolinea Cosentino - ben si comprende ove si conoscano le dinamiche politiche in Campania e coloro che sono i più stretti collaboratori del presidente Fini, quale l'onorevole Bocchino che da anni, senza successo, tenta di incidere sul territorio non già per interessi del partito bensì per mere ragioni di potere personale e che alla prova elettorale è sempre stato sconfitto». E ancora: «Sono assolutamente sereno che la mia totale estraneità non potrà che essere più che comprovata da qualsivoglia indagine. Parimenti proprio per questa intima tranquillità non posso e non voglio esporre il governo di cui mi onoro di far parte e al cui successo ho contribuito di rimanere colpito mediaticamente per tali inconsistenti vicende». Resta invece in silenzio Stefano Caldoro. Berlusconi è convinto che la soluzione è solo un tampone. Con gli altri big del partito concorda di mettere un deciso stop alle correnti interne e rinsaldare le file dei fedelissimi berlusconiani. Poi si metterà mano al partito con una decisa riorganizzazione. Come resta in sospeso il ruolo di Denis Verdini, anche lui finito nelle intercettazioni. Si stanno rivedendo le passate scelte di uomini del coordinatore del Pdl: in Sardegna e Campania, anzitutto. Ma anche l'improvvisa defenestrazione dei vertici fiorentini, che avevano fatto inalberare una fedelissima del premier, Deborah Bergamini. O l'estromissione di Isabella Bertolini in Emilia. E c'è da decidere il leader in Lombardia. Comunque sia, Verdini è in una posizione scomoda: qualunque decisione prenderà sul partito si presterà a ogni genere di dietrologia.

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