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Berlusconi richiama il Pdl e accusa i pm: un polverone

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Il premier Silvio Berlusconi

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Impressionato. A tratti anche sconcertato. Silvio Berlusconi non se l'aspettava. Non si aspettava che il suo partito fosse così diviso, dilaniato in correnti, sottocorrenti. E soprattutto non immaginava che mettendo sotto attacco Denis Verdini venisse fuori la guerra per bande e che addirittura un ministro, Mara Carfagna, arrivasse a chiedere esplicitamente le dimissioni del coordinatore nazionale del partito sebbene anch'ella fosse nel mirino della cosiddetta P3. Così, nel primo pomeriggio il premier fa diramare una nota con la quale mette in chiaro le cose. Il senso non lascia dubbi: serrare i ranghi, non sono ammesse defezioni perché siamo tutti sotto attacco, i conti li regoliamo dopo e privatamente. Non è pensabile di giocare ora partite personali, sarebbe da irresponsabili. La nota ha una premessa: prima di tutto la Manovra, per la quale domani verrà votata la fiducia al Senato; il capo del governo annuncia che sarà chiesta anche alla Camera. Quindi il Cavaliere entra nel merito del problema: «Il clima giacobino e giustizialista nel quale alcuni stanno cercando di far ripiombare il nostro Paese non è certo d'aiuto». Di fronte a questa situazione (che lascia immaginare come il premier sia convinto che le iniziative della magistratura siano solo all'inizio), Berlusconi assicura: «Ma ancora una volta metterò tutto il mio impegno personale, assieme a quello del governo e della coalizione da me guidati e legittimati costantemente dal sostegno dei cittadini, per impedire che si ritorni a un passato che gli italiani non vogliono più». Infine il richiamo a tutti, finiani e non: «Intendo restare fuori dalle artificiose burrasche scatenate dalla vecchia politica politicante e da quanti, in maniera irresponsabile, giocano una partita personale a svantaggio dell'interesse di tutti». Il messaggio è diretto per esempio a Italo Bocchino, il finiano più duro, che aveva sostenuto la candidatura in Campania di Stefano Caldoro contro quella di Nicola Cosentino.   Il quadro che emerge dalle intercettazioni è quantomeno allarmante. Il gruppo che sosteneva Cosentino sarebbe stato pronto a mettere insieme un falso dossier per screditare il rivale dello stesso partito. È il punto più basso registrato dal Pdl. E certamente Berlusconi interverrà. Ora però a suo giudizio c'è da affrontare l'emergenza e il suo timore è che l'asse pm-Fini diventi sempre più forte. Lo si è visto con le intercettazioni. Anche per questo Cosentino, forse già oggi, andrà da Berlusconi e rimetterà il mandato da coordinatore campano del Pdl. In serata il premier partecipa alla festa per i 30 anni di Capital e si lascia andare davanti al gotha della finanza sull'inchiesta sul'eolico in Sardegna: «È solo tutto un polverone, io sono sereno, tranquillissimo. Non preoccupatevi». Poi attacca: «Non state a leggere i titoli dei giornali. Stamattina hanno parlato di P3...» ma sono «quattro sfigati pensionati». «Quattro sfigati pensionati - aggiunge - che si mettono insieme per cambiare l'Italia. Ma se non ci riesco io...».   Se la prende con i media: «Sulla stampa italiana è meglio stendere un velo, i numeri (delle vendite, ndr) danno la sentenza. Nel 1953 si vendevano meno di 5 milioni di copie» di quotidiani in Italia. «Cinquantasette anni dopo - osserva - si vendono le stesse copie di allora: siamo il Paese in cui si vendono meno giornali». Il motivo? Perché certa stampa continua a «divorziare dalla realtà». Quindi attacca: «Ormai la sovranità del Paese è dei pm. Quelli di sinistra fanno ricorso alla Corte Costituzionale dove 11 nominati dalla sinistra aboliscono la nostra legge».

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