Il governo italiano «deve abolire o modificare il ddl perché se il testo fosse approvato nella forma attuale, minerebbe il diritto alla libertà di espressione in Italia».
Asferrare l'affondo è stato il relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, Frank La Rue. Le pene previste dal ddl per editori e giornalisti, secondo La Rue, sono sproporzionate: sanzioni così severe «comprometterebbero seriamente il diritto di ogni individuo a cercare e distribuire informazioni in violazione del Patto Internazionale sui Diritti civili e politici di cui l'Italia è firmataria». «Quelle disposizioni possono ostacolare il lavoro dei giornalisti su questioni di pubblico interesse come la corruzione, data la lunghezza eccessiva dei procedimenti giudiziari in Italia» - ha spiegato il relatore. In un comunicato, La Rue ha sottolineato che se la legge sulle intercettazioni entrasse in vigore, qualunque giornalista non iscritto all'Ordine potrebbe essere condannato fino a quattro anni di carcere per il solo fatto di aver registrato conversazioni senza l'autorizzazione dell'interessato. «Sono consapevole che il disegno di legge è stato presentato per le preoccupazioni in merito ai risvolti della pubblicazione di intercettazioni nell'ambito di processi giudiziari» e quindi con l'obiettivo di salvaguardare il diritto alla riservatezza - ha aggiunto La Rue - Sono pronto a fornire assistenza tecnica per assicurare che il disegno di legge diventi conforme ai parametri internazionali sui diritti umani e sul diritto alla libertà d'espressione». La Rue ha auspicato di poter venire in Italia l'anno prossimo per valutare la situazione nel campo della libertà di stampa. Al rappresentante dell'Onu ha replicato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, che si è detto «fortemente sorpreso e sconcertato» dalla sua presa di posizione: «Credo che si dovrebbero leggere le proposte legislative prima di fare interventi del genere» - ha osservato il titolare della Farnesina. «In secondo luogo, in uno Stato democratico e liberale, quale è l'Italia, il Parlamento sovrano decide sulle proposte in itinere nessuno deve e può interferire. In tutti i Paesi liberali e democratici del mondonon è consentito alla pubblica accusa di divulgare, prima della sentenza definitiva, elementi di indagine».