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Michele De Feudis BARI Acqua sul fuoco delle polemiche legate al premio «Città di Bari - Giuseppe Tatarella» arriva dalle parole del governatore Nichi Vendola.

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«Lasparata di Aldo Busi ("un premio di merda, non voglio il mio nome vicino a quello di un fascista almirantiano" ndr) non merita ulteriori parole» ha puntualizzato il presidente della Regione con una diplomazia obbligata anche da una antica antipatia reciproca con lo scrittore di Montichiari. Poi Nikita ha rimarcato la sua posizione: «Ci sono dibattiti come questo che allontanano i cittadini dalla riflessione sui problemi veri del Paese - ha aggiunto - perché soffermarsi sulle polemiche legate alla toponomastica, cambiare nomi di strade intitolare a esponenti politici di destra o di sinistra, o attaccare la memoria di esponenti come Giuseppe Tatarella, configura una deriva da infantilismo politico». Nei fatti queste dichiarazioni di Vendola sono una chiara sconfessione della tesi promossa da Raffaele Nigro, fondatore del premio con il leader missino nel 1997, già capolista non eletto alle regionali con Sel e capofila della corrente di sinistra che giudica una insopportabile anomalia l'esistenza di un premio letterario dedicato ad un politico. Vendola non ha mai nascosto la propria stima per l'inventore di Alleanza Nazionale, al punto da pubblicarne in mortem su Liberazione un ricordo particolarmente sentito. L'articolo si intitolava «Carissimo avversario» e l'allora parlamentare di Rifondazione comunista scriveva: «Riconoscere l'umanità del tuo avversario non è un cedimento o un sintomo di debolezza - spiegò nella rubrica Il dito nell'occhio - al contrario aiuta ad uscire dagli schemi rigidi della politica come mera prosecuzione della guerra, e ti costringe a riflettere sulle "verità interne" di colui che combatti, ti rammenta che la tua vittoria non passa per l'annientamento fisico del tuo avversario, ma per la tua capacità di interpretare i bisogni più profondi della società». Del consigliere di Gianfranco Fini apprezzava la lucida capacità di analisi politica: «Lo conoscevo da sempre, da ragazzino andavo ad ascoltare i suoi comizi. Era un affabulatore popolare, il solitario mattatore di una destra neo-fascista - scrisse nel 1999 - che affascinava ma non conquistava il ceto medio, un principe delle piazze ed un guastatore nelle sale di rappresentanza politica». Coerente con la lezione antitotalitaria e non violenta maturata nel percorso culturale con Fausto Bertinotti, Vendola ha poi concluso la questione: «Quando a Cerignola la sezione di Rifondazione comunista protestò contro l'intitolazione del nuovo ospedale alla memoria di Tatarella, la mia reazione fu di netta contrarietà. Con tutti i discutibili personaggi che si affacciano oggi nella politica italiana, da piduisti a massoni a mafiosi, non possiamo proprio "litigare" su Pinuccio...».

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