Meloni contro il Pdl: "Cattivi con me"
Per giorni non ha parlato. È rimasta in silenzio, ha preferito evitare le polemiche. Poi è andata dai ragazzi, i suoi ragazzi che avevano organizzato il Campo Cyrano in penisola sorrentina. E qui, lontano da Roma e dalle polemiche di questo giorni s'è lasciata andare. Uno sfogo in piena regola quello di Giorgia Meloni al termine di una settimana che ha visto lo scontro violento sul suo disegno di legge sulle comunità giovanile. La ministra della Gioventù è finita sotto il tiro incrociato dell'Italia dei Valori (con rissa finale) e delle critiche provenienti dal suo partito: Martino, Mussolini, Barbareschi in testa. Ma anche Di Girolamo e Perina. La Meloni così passa all'attacco e con voce un po' rotta dall'emozione racconta (mentre è stato azionato un microfono) gli ultimi giorni: «Mi sono interrogata molto su quello che è accaduto perché è stato un fulmine a ciel sereno». Ripercorre i passaggi istituzionali, il dibattito con i ministri, le Regioni, il partito, in Commissione. Si ferma, deglutisce. E riprende il racconto: «Poi è accaduto qualcosa di strano in Aula con un atteggiamento da parte delle forze di minoranza molto costruttivo, il centrosinistra non era favorevole ma aveva lavorato per migliorare. L'Udc aveva dato una disponibilità e era sostanzialmente favorevole al provvedimento: ha votato contro la sospensiva chiesta dall'Italia dei Valori e il Pd si era astenuto». Poi, mentre sembrava regnare un clima sereno, la sorpresa. «È accaduto invece che alcuni esponenti del Pdl abbiano dato vita a un'opposizione molto forte» dice la Meloni. Che si ferma. Aggiunge: «Molto cattiva». «Ci sarebbero tante cose da dover dire su quelli che hanno fatto questa opposizione - spiega la titolare della Gioventù - perché sono motivazioni diverse che spingono singoli soggetti. In realtà noi parliamo di una minoranza rumorosa mentre la stragrande maggiorana del Pdl stava votando serenamente il provvedimento come quando si fa gioco di squadra». Mette subito in chiaro: «Non farò nomi e cognomi, ognuno ha le sue motivazioni e quasi mai sono motivazioni ideali. In alcuni casi sì, c'è chi ha un'impostazione culturale diversa dalla mia ma siamo a una parte poco consistente di questa storia». Comincia ad alzare la voce e passa all'attacco: «Mi interessa a un'altra questione. Siccome trattavamo di una questione che viene considerata sacrificabile dalla politica, cioé le giovani generazioni, è il classico disegno di legge sul quale ciascuno pensa di sfogare tutte le proprie difficoltà, tutte le proprie insoddisfazioni. È quello che è accaduto in Aula fino di fatto a tentare di bloccare il provvedimento». S'inalbera, urla ai suoi ragazzi: «Mi prendo la responsabilità. Questa legge la portiamo a casa, fosse l'ultima cosa che faccio». Partono gli applausi, i giovani del campo si scaldano e lei si fa prendere la mano. Riattacca: «Non la portiamo a casa perché è una battaglia storica di un certo mondo. Noi la portiamo a casa perché un certo mondo ha fatto quella battaglia storica perché era giusta. Qui non è che stamo a ffa' 'na battaglia sentimentale». Ancora applausi, la Meloni non molla: «Credo davvero che le comunità giovanili possano essere una risposta seria, credibili, la prima data nella storia della Repubblica dalle istituzioni al grande tema del disagio giovanile. Tutti dicono che se ne interessano e poi se ne fregano». Tende la mano ai critici assicurando che «ci sono dei margini». Ma avverte: «Le tante dietrologie sono venute fuori perché oggi può sembrare strano che uno faccia qualcosa solo perché lo considera giusto, è la sfida delle idee che diventano azioni». Infine conclude: «Qualcuno ha detto che non ha senso spendere 12 milioni di euro per i giovani. E qui c'è una grande questione culturale e politica. Io penso che invece ne valga la pena perché mi pongo il problema di che cosa lascerò dopo di me. E non me ne frega niente se questo mi porterà più o meno voti».