Verdini sui Carboni ardenti

Si prepara l’uscita di scena di Denis Verdini. Forse si dimetterà. O forse sarà dimissionato. Nell’entourage di Silvio Berlusconi non c’è nessuno pronto a scommettere un euro sul fatto che il coordinatore del Pdl rimanga in carica ancora per molto tempo. Certo, in pubblico tutti lo difendono. Ma il percorso intrapreso sembra molto simile a quello già compiuto nel caso Scajola: solidarietà in pubblico e inviti alla ragionevolezza in privato. Quel che è sicuro è che la posizione giudiziaria del deputato è destinata a complicarsi: è accusato di corruzione per i Grandi Eventi a Firenze, accusato di corruzione e associazione segreta per l’eolico in Sardegna. Quel che è altrettanto certo è che "Denis il burbero" non ha alcuna intenzione di farsi da parte. Tanto per dirne una: ha convocato per domani una riunione proprio sulla situazione politica sarda al fine di difendere coordinatore e vice regionali, due persone di sua fiducia. Per comprendere quanto sta accadendo bisogna tener conto che esistono una scena e un dietro le quinte da mettere sullo stesso piano. La scena è nitida. A chiedere che Verdini si tolga di mezzo sono i finiani. Attacca Italo Bocchino sulla Stampa: «Da amico mi auguro che Denis Verdini sappia dimostrare la sua innocenza», ma «dal punto di vista politico c'è un enorme problema di opportunità che il premier non può far finta di non vedere. Il Berlusconi "ghe pensi mi" come ha risolto il caso Brancher così deve risolvere il caso Verdini». In serata sul Il Post (blog di Luca Sofri) corregge: «Non chiedo le dimissioni ma penso sarà costretto a lasciare». Una correzione che non cambia la sostanza. In risposta, arriva una replica degli altri due coordinatori, Sandro Bondi e Ignazio La Russa, dai toni burocratici e glaciali: «In riferimento ad alcune prese di posizione desideriamo ricordare che la cultura del Pdl non è il giustizialismo né la condanna preventiva emessa sui mezzi di comunicazione. Questo principio di cultura liberale e di rispetto della dignità di ogni persona vale sia per i nostri avversari politici che per gli esponenti del nostro partito. In questo caso vale naturalmente per l'onorevole Verdini al quale rinnoviamo la nostra solidarietà. E questo principio vale sempre - concludono i coordinatori pidiellini - e per chiunque sia stato coinvolto in indagini giudiziarie, senza che sia intervenuto un giudizio di merito della magistratura». Il retroscena è più confuso. Intanto Bondi e La Russa manifestano solidarietà, ma non fiducia nei confronti di Verdini. La linea generale nel partito è che il Pdl è garantista e dunque lo deve essere a maggior ragione adesso. Lo spiega bene Michela Vittoria Brambilla, un ministro particolarmente in sintonia con il Cavaliere: «In certi casi è sempre più dignitoso e serio tacere piuttosto che esprimere giudizi affrettati ed ergersi a rappresentanti di metodi giustizialisti». Complice forse la domenica, non ci sono altri attestati di solidarietà. Non si vede quella levata di scudi, quel fronte comune solido come in altre situazioni analoghe: un silenzio che parla da solo. Nel partito c'è anche chi si prepara alla raccolta di firme per chiedere le dimissioni. La posizione di Verdini è destinata ad aggravarsi. Basta leggere l'ordinanza di arresto di Carboni, Martino e Lombardi per capire che il coordinatore del Pdl è posto sullo stesso piano della P3 (intesa come nuova loggia segreta tipo P2) e che anzi questa andrebbe considerata una P3 più Verdini, quindi una P4. Il gip lascia intendere inoltre che sull'esponente del partito del premier c'è un'ingente mole di intercettazioni telefoniche. Niente di tutto ciò rappresenta una condanna, ma non è difficile immaginare che i pm chiedano presto alla Camera l'utilizzo delle registrazioni che riguardano Verdini. E che l'autorizzazione sia propedeutica a un successivo provvedimento giudiziario.   D'altro canto, per gli altri tre è stato chiesto l'arresto e, per giunta, Verdini è l'unico che sarebbe in condizione di reiterare l'eventuale reato o di inquinare le eventuali prove. In verità, in una condizione analoga ci sarebbe anche il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, sebbene risulti per ora solo indagato. Domani dovrebbe essere interrogato a Roma, su di lui i pm hanno una grande quantità di elementi e dunque dovrà stare molto attento a quello che riferirà. Potrebbe chiedere di far slittare l'interrogatorio (naturale che i difensori cerchino di capire meglio che cos'ha in mano la Procura). Il nodo più intricato è però politico. Mercoledì inizieranno in commissione Giustizia a Montecitorio le votazioni sul delicato disegno di legge sulle intercettazioni. Fin troppo facile immaginare che ora l'opposizione strilli che è un testo salva-Verdini. E poi salva-piduisti, salva-corrotti e tutto ciò che la fantasia di sinistra riuscirà a scovare. Per Berlusconi c'è poco da scherzare, perché il giorno dopo al Senato si vota la fiducia sulla Manovra. Il passaggio è delicato, tanto è vero che stasera il premier vedrà ad Arcore Bossi e i leghisti anche per affrontare la questione allargamento all'Udc. E comunque Silvio non ha mai chiesto esplicitamente a nessuno di fare un passo indietro. E poi non saprebbe come rimpiazzare Verdini. Aveva pensato ad Angelino Alfano al partito, ma ora non è il momento. Potrebbe lasciare solo Bondi con tre vice: un suo fedelissimo, un finiano e uno larussiano a titolo di risarcimento. Ma questo è sconfinamento nella fantapolitica.