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Il complotto contro Caldoro è servito: "Va con i trans"

Stefano Caldoro

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In politica, si sa, nessuna esclusione di colpi. Ma ormai ogni limite sembra superato, a leggere le intercettazioni citate nell'ordinanza che ha portato giovedì in galera l'affarista Flavio Carboni, l'imprenditore Arcangelo Martino (colui che in passato avrebbe presentato il papà di Noemi Letizia a Berlusconi) e il giudice tributario Pasquale Lombardi. Dalle carte sulla piccola P2, che sembra uscita da un film di Luciano De Crescenzo, emerge una battaglia combattuta tutta dentro il Pdl. Nel 2009, in vista delle elezioni regionali, Martino insiste per scegliere il candidato del Pdl in Campania. Carboni lo rassicura: «Allora io chiamo subito Verdini». I tre decidono di sostenere il sottosegretario Nicola Cosentino, ma a novembre tutto precipita: a Cosentino arriva un ordine di arresto, contro il quale presenta ricorso. Affinché questo venga accolto, Lombardi chiama l'allora presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone; lo vede e poi informa Martino: «Ho fatto quello che dovevo fare per Nicolino».   Ma i tentativi non vanno a buon fine, mentre si rafforza la candidatura di Stefano Caldoro. Che dunque va screditato pubblicamente. E' a questo punto che entra in scena Ernesto Sica, sindaco di un comune nel Salernitano. In una telefonata, Martino gli spiega: «Abbiamo messo in piedi una cosa strepitosa, mi segui?». Sica: «Non so se c'è... tu pensi una valanga mediatica sia opportuna?». Il 28 gennaio scorso, Sica trasmette via fax a Martino un documento in cui sono riportate le informazioni da utilizzare contro Caldoro. Ma sono generiche e deludenti agli occhi di Martino: «Solo date, praticamente», dice. Sica: «No, è dove c'è la certificazione! Mo' bisogna vedè anche la fotocopia delle cose, vabbuò?». E più avanti, Sica: «Quindi basta che gli dici tu il 19 settembre sei andato là... Lui ha cambiato un po', ha girato un po', gira un po', all'Excelsior e altre parti, capito?». Nei giorni successivi, Lombardi e Martino parlano di come far arrivare questa voce infamante ai giornali, cercano di farlo sapere a Repubblica. L'8 febbraio scatta il piano. Sul cellulare dell'imprenditore arriva un sms: «Dici a Nicola che dovrebbe uscire il rapporto di Caldoro con i trans, forse del problema ha parlato anche un pentito, che fine abbiamo fatto, siamo finiti in un mondo di froci. Povero Berlusconi». È tutto falso, ma il gruppo cerca di far passare Caldoro per un Marrazzo campano, nella speranza che il Cavaliere ne ritiri la candidatura. E su internet, su un sito anonimo, il 9 febbraio, scatta il trappolone. Sica chiama Martino, entrambi si fingono sorpresi: «Mi stavo leggendo, ho visto internet una cosa Campania elezioni, ma pure un altro blog, sul conto del candidato nostro, una cosa incredibile: un Marrazzo in Campania». Martino: «Ma veramente dici?». In effetti, proprio quel giorno su un blog anonimo era stato pubblicato un articolo da titolo «Un Marrazzo in pectore: le "passioni" strane di Caldoro» che «trovava corrispondenza in quanto era stato oggetto nelle conversarioni telefoniche», è scritto nell'ordinanza. «In tale articolo si faceva riferimento all'Hotel Miravalle e all'Hotel Excelsior».   Quest'ultimo era menzionato nella conversazione tra Sica e Martino, il Miravalle in un'altra tra Cosentino e Martino del 18 gennaio. Non basta. Il secondo giorno, altra palata di fango sempre dallo stesso sito: «Pentito di camorra accusa: nel 99 stringemmo un patto con Caldoro». Tutto falso, anche questo. Martino al telefono si chiede: «Ma quelle informazioni saranno trasferite a qualche organo di informazione?». E Sica: «Penso di sì». Invece nessuno abbocca. Tanto meno Berlusconi. Caldoro resta candidato e vince, ma, ironia della sorte, nominerà Sica assessore (guarda un po') all'Avvocatura. Ma Sica o darà una giustificazione plausibile (davvero arduo) o sarà sbattuto fuori.

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