L'Aquila, tasse diluite in 10 anni
«L'Aquila è un malato grave, voi staccate l'ossigeno». Poche parole scritte su uno striscione pronto a sfilare lungo le vie del centro. Poche parole dove emerge tutto lo sfogo di un popolo, ormai conosciuto come quello delle «carriole», deciso a marciare verso «i palazzi in cui si decide il futuro», per chiedere al governo la sospensione delle tasse che da dicembre torneranno a gravare sulle spalle dei terremotati. Una richiesta che Massimo Cialente, sindaco dell'Aquila, ha presentato a Renato Schifani non appena il presidente del Senato l'ha fatto entrare a Palazzo Madama e alla quale il governo, in serata, ha immediatamente dato seguito: il recupero delle tasse non versate dagli aquilani per la sospensione disposta a causa del terremoto sarà effettuato in 120 rate mensili a decorrere dal gennaio 2011. Ed è stato proprio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, d'intesa con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti a dare l'annuncio ai cinquemila manifestanti ormai pronti a ripartite per ritornare in Abruzzo: «A tal fine il governo presenterà in Aula al Senato un apposito emendamento alla manovra per ripartire il pagamento su 10 anni anziché su 5 come attualmente dispone la norma approvata in Commissione». E così, con l'apertura dimostrata dal governo verso i terremotati dell'Aquila, si conclude un'interminabile giornata di proteste nella Capitale dove si sono alternati momenti di tensione e disperazione davanti ai luoghi delle Istituzioni. Un clima di tensione che ha prodotto solo incomprensione e qualche ferito. Uno di loro - Vincenzo Benedetti, noto alla polizia per aver preso parte a disordini in occasione di altre manifestazioni di piazza - ha «macchiato» il muro esterno di una banca in via del Corso, lasciando le impronte delle sue mani insanguinate dopo essere stato colpito alla testa. «Al secondo cordone delle Forze dell'ordine in via del Corso - ha spiegato Vincenzo con la testa fasciata e la maglietta sporca di sangue - sono stato colpito alla testa da quattro manganellate mentre ero di spalle. La mia faccia è diventata in pochi secondi una maschera di sangue. Un medico mi ha soccorso, ma io ho voluto prima lasciare le impronte del mio sangue su un muro per testimoniare il sangue degli aquilani in questa manifestazione». Nonostante la presenza di infiltrati sobillatori e il loro tentativo di forzare i blocchi per poter marciare, senza autorizzazione, verso il Parlamento, la maggior parte degli aquilani ha voluto manifestare pacificamente il proprio dissenso prendendosela con il mondo della politica accusato di non aver fatto nulla per aiutare L'Aquila. E così ecco l'attacco al premier: «Berlusconi hai sfruttato il nostro dolore, vieni qui se hai il coraggio». Ma anche al leader del Pd Pier Luigi Bersani: «Vergogna, buffoni, ci avete lasciati soli». Ma collera e sconforto per i terremotati sono solo due facce dello stesso dolore tanto che la marcia si è conclusa tra le lacrime dei manifestanti solo in serata quando, davanti al Dipartimento della Protezione Civile, dopo le contestazioni al sottosegretario Guido Bertolaso, c'è stato un lungo applauso per le vittime del terremoto del 6 aprile dello scorso anno al grido di: «3 e 32, io non ridevo».