Ora la sinistra spera nel governo tecnico
La saggezza popolare insegna: chi si accontenta gode. E così anche l'opposizione comincia a ridimensionare i suoi desideri. Ora il sogno, anche se di difficile realizzazione, si chiama governo tecnico. I ribaltoni, le congiure di Palazzo, persino le elezioni sono passate in secondo piano (anche perché Giorgio Napolitano difficilmente scioglierebbe le Camere). Se mai la maggioranza dovesse implodere trascinando Silvio Berlusconi nella polvere potrebbe essere la soluzione migliore: un esecutivo ad hoc per cambiare la legge elettorale e magari impedire al Cavaliere di ricandidarsi e vincere. A lanciare l'idea non è un esponente qualunque del centrosinistra, ma Antonio Di Pietro che poi, con grande realismo, ammette: «Io lavoro affinché si possa arrivare al più presto a nuove elezioni e ci sia un'alternativa, ma purtroppo questo non potrà avvenire perchè c'è una maggioranza parlamentare di circa 100 deputati alla Camera, che sono stati eletti con questa legge e scelti dai leader, sarà difficile rompere questo patto». Insomma, anche se si riempie la bocca sullo stato confusionale in cui versa la maggioranza, l'opposizione sa che la caduta di Berlusconi è poco più di una speranza. Anche perché, nonostante continui a smarcarsi dal premier, Gianfranco Fini non sembra affatto intenzionato ad aprire una crisi di governo. E così meglio esercitarsi su ipotesi accademiche. «Una cosa è un governo di larghe intese - spiega il leader dell'Idv - una cosa è un governo tecnico a tempo, Idv non intende partecipare a nessun governo di larghe intese, sarebbe una furbizia e una forzatura verso la scelta fatta dagli elettori, metteremmo insieme un po' di destra e un po' di sinistra, non sta né in cielo né in terra. Io sono per un governo che porti a nuove elezioni ma non si può andare a elezioni finché le regole non sono giuste, abbiamo una legge elettorale che non fa scegliere agli italiani, serve una legge sul conflitto di interessi e un'informazione non pilotata e padronale. Dovrebbe farlo un governo tecnico ma per definizione non sarà possibile». Anche il segretario del Pd Pier Luigi Bersani non sembra disdegnare l'ipotesi: «La legge elettorale è il problema numero uno, perché impedisce ai cittadini di scegliere i propri parlamentari, e con questa legge sono arrivati un sacco di guai, perché un Parlamento scelto così, è l'origine dei 50 decreti e delle continue fiducie. Non credo che Berlusconi abbia voglia di cambiare alcunché... il problema è un altro, cioè la maggioranza deve prendere atto che il Paese non è governato e che nessuno ha in mano la barra del timone». In questa condizione è chiaro che un governo tecnico avrebbe l'appoggio del Pd. E della partita farebbe sicuramente parte Francesco Rutelli che ieri sera ha fatto visita a Gianni Letta a Palazzo Chigi (i due avrebbero parlato soprattutto dell'attività del Copasir). L'ex sindaco di Roma rilancia l'idea del Terzo Polo e continua il suo corteggiamento asfissiante a Gianfranco Fini. «Io ero cofondatore del Partito democratico e ho fatto un passo indietro - dice intervistato dal Corriere della Sera -, ho affrontato un percorso controcorrente, che forse sarà riservato anche a lui. Il caso Fini fa emergere in modo clamoroso il fallimento del bipolarismo, dopo 16 anni di contrapposizioni selvagge. Io credo che sulle ceneri di questo fallimento, il "terzo polo" può candidarsi a diventare il primo polo». L'Udc applaude al progetto. Il governo tecnico potrebbe coinvolgerli. I numeri parlamentari, però, lasciano spazio a poche speranze. E, soprattutto, Berlusconi è ancora al governo.