Il governo pensa alla fiducia
Il governo è pronto a chiedere la fiducia sulla Manovra. A due giorni dall'approdo del disegno di legge in Aula al Senato, mentre in commissione Bilancio i lavori procedono a singhiozzo e restano sul tavolo diversi nodi da sciogliere, il premier Silvio Berlusconi incontra il ministro dell'Economia. Comincia la settimana del «ghe pensi mi» berlusconiano e così il premier, dopo aver risolto domenica sera il nodo Brancher, suggerendo al ministro di dimettersi, ieri, ad Arcore, ha incontrato il Giulio Tremonti, per risolvere un altro problema che rischiava di compromettere la tenuta della maggioranza: la Manovra. Ecco allora che poco dopo le quattro del pomeriggio, i cancelli di villa San Martino si sono aperti e hanno lasciato entrare il superministro. Un incontro al quale il premier e Tremonti sono arrivati dopo giorni di forti scontri ma che alla fine ha sancito almeno un accordo: porre la questione di fiducia. Un tentativo per blindare la Manovra e liberarla sia dall'annunciato «balletto degli emendamenti» e, soprattutto, per mantenere fissa l'unica cosa sulla quale il ministro non ha mai ceduto ovvero mantenere invariato il saldo finale dell'operazione. Una decisione del governo mirata a risolvere sia problemi legati al calendario ma soprattutto per chiudere le polemiche venute da molte categorie e da diversi fronti. In primis dalle Regioni e dagli enti locali che, sul piede di guerra, non solo si sono visti negare spazi di trattativa sulle modifiche ma anche, almeno stando alle parole del ministro Raffaele Fitto, non verranno convocate a Palazzo Chigi come invece sembrava nel primo pomeriggio di ieri. Le letture dell'incontro, nel Pdl, si sprecano. E già, perché nel partito iniziano prima a circolare voci che descrivono l'intesa come un altro tassello nell'opera di rafforzamento del governo inaugurata ieri da Berlusconi, che passerebbe, per l'appunto, dalla messa in sicurezza del super ministro. In quest'ottica la blindatura della Manovra, oltre a sancire l'imprimatur del premier sul provvedimento, sarebbe l'ennesimo fronte della sfida al presidente della Camera e alle proposte dei «suoi». Voci diametralmente opposte invece parlano di un colloquio teso, con un Berlusconi deciso ad assumere su di sé la responsabilità della scelta di blindare il testo. E così, nonostante dal comunicato emerga un asse Berlusconi-Tremonti che contrasta con le tensioni trapelate in questi giorni, sembra proprio che tra i due le cose non siano migliorate. Dimissionato Brancher e blindata la Manovra, Berlusconi dovrà ora impegnarsi sull'altro nodo stretto intorno alla gola della maggioranza: le intercettazioni. Sembra che la difficile mediazione di Gianni Letta - tesa a «scavalcare» Fini nel dialogo con il Quirinale - stia dando i suoi frutti. O almeno così assicurano nel centrodestra. L'addio del ministro del Decentramento, sottolinea non a caso Fabrizio Cicchitto, «favorisce l'impegno sulle più serie questioni che stanno sul tappeto» compreso il ddl intercettazioni che tuttavia deve «superare le criticità alle quali ha accennato qualche giorno fa il Presidente della Repubblica». Un'apertura, ci tengono però a precisare nel Pdl, anche in questo caso non dettata dalle richieste dell'ex leader di An, ma semmai dalla volontà di rispondere all'appello del Quirinale affinchè si trovi un compromesso «più accettabile». Insomma, il premier vuol dimostrare di avere la situazione in mano, di essere in grado di mettere ordine nel caos della maggioranza, senza concedere nulla a Fini.