Le imprese bocciano le misure fiscali «Ledono i diritti e non sono antievasione»
Anchele misure fiscali non vanno. Contro la manovra sono scese in campo le imprese. Confindustria e Rete Imprese Italia, che riunisce Confcommercio, Confartigianato, CNA; Casartigiani, Confesercenti, chiedono la modifica di alcune norme fiscali relative alla riscossione e alla compensazione debiti-crediti che, avvertono, «rischiano di creare forti contenziosi di carattere costituzionale e di avere conseguenze irreparabili specie per le piccole e medie imprese». Le associazioni imprenditoriali si sono rivolte direttamente a Berlusconi chiedendogli di intervenire. Le norme sono altamente tecniche e sono state introdotte indicandole come misure anti-evasione. Ma le imprese ritengono che siano troppo decise e mettano in difficoltà soprattutto le Pmi: Inoltre, le soluzioni finora indicate non sarebbero sufficienti ad evitare problemi per le imprese. Ma vediamo nel dettaglio. Confindustria e Rete Imprese Italia passano ai raggi X le misure: «La proposta che è stata avanzata in Commissione Bilancio al Senato di portare da 150 a 300 giorni la durata massima della sospensione giudiziale degli atti di recupero dei crediti verso l'amministrazione non risolve il problema, a fronte del fatto che la durata media dei soli procedimenti di primo grado supera i 700 giorni». Gli imprenditori sostengono che se passasse questa norma, «il contribuente sarebbe costretto, pena il pignoramento, a pagare gli importi richiesti dall'amministrazione, pur essendo ancora in attesa di sentenza e a fronte di pretese che nella grande maggioranza dei casi risulteranno successivamente non fondate». Come conseguenza ci sarebbe il proliferare dei contenziosi e ci sarebbero «conseguenze irreparabili», specie per le piccole e medie imprese. La soluzione è una «sospensiva che duri quantomeno sino alla sentenza di primo grado». L'altra misura nel mirino di Confindustria e Rete Imprese è qualla che dispone il divieto di effettuare compensazioni fra crediti e debiti fiscali in presenza di accertamenti anche di importo modesto (1.500 euro). «Il divieto di compensazione può essere imposto - affermano le imprese - ma solo quando vi sia la piena certezza del debito fiscale, ossia quando lo stesso sia iscritto a ruolo definitivo». Poi si fa notare che il titolo della rubrica (riportato anche nella relazione illustrativa e nella relazione tecnica) recita: «Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi». Nel testo dell'articolo 31 si fa invece riferimento a debiti «iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori» e si omette la qualificazione «definitivo». «Stupisce ed allarma - dicono le confederazioni industriali e imprenditoriali - il fatto che, sino ad oggi, non si è riscontrata alcuna disponibilità da parte del Governo a introdurre nel testo questa qualificazione, che appare invece assolutamente necessaria per tutelare i diritti dei contribuenti. Si ribadisce infine che le sanzioni previste nel caso di violazione del divieto di compensazione (il 50% dell'importo indebitamente compensato) sono del tutto sproporzionate». L.D.P.