Mafia, Pisanu: "Dietro le stragi un groviglio di affari e politica"
«La spaventosa sequenza delle stragi del periodo 1992-93 ubbidì a una strategia di stampo mafioso e terroristico, ma produsse effetti divergenti: se da un lato determinò uno tale smarrimento politico e istituzionale da far temere al presidente del Consiglio in carica l'imminenza di un colpo di Stato, dall'altro lato determinò un tale innalzamento delle misure repressive da indurre Cosa nostra a rivedere le proprie scelte e, alla fine, a prendere la via, finora senza ritorno, dell'inabissamento». Lo afferma il presidente della Commissione Antimafia, Giuseppe Pisanu, nelle sue «Comunicazioni sui grandi delitti e le stragi di mafia degli anni 1992-1993». Per Pisanu nello scenario di quel biennio «si aggroviglia quell'intreccio tra mafia, politica, grandi affari, poteri occulti, gruppi eversivi e pezzi deviati dello Stato che più volte, e non solo in quegli anni, abbiamo visto riemergere dalle viscere». Riguardo al capitolo della trattativa, Pisanu ha sottolineato «l'estraneità del governo», aggiungendo che «qualcosa del genere ci fu e Cosa nostra la accompagnò con inaudite ostentazioni di forza». Il presidente della Commissione ha poi spiegato che rispetto al periodo 1992-93, Cosa Nostra ha «bloccato il suo braccio militare, ma ha certamente curato le sue relazioni, i suoi affari, il suo potere». Nella sua lunga ricostruzione dei «Grandi delitti e le stragi di mafia del 1992-93», come recita il titolo della relazione, Pisanu ricorda che, «la stagione terribile delle stragi si chiuse il 27 gennaio 1994 con l'arresto dei fratelli Graviano, capi indiscussi dell'ala più violenta, e con l'ascesa del moderato Bernardo Provenzano ai vertici di Cosa Nostra. Costui spingerà l'associazione mafiosa a fare impresa, ad immergersi sempre più nell'economia e nella società, facendo tacere le armi: sarà la fine dei viddani di Totò Riina, rinchiuso in carcere e reso impotente dal rigore del 41 bis». Eppure, continua Pisanu, «anche la semplice narrazione dei fatti induce a ritenere che vi furono interventi esterni alla mafia nella programmazione ed esecuzione delle stragi», poichè, aggiunge, «fin dall'agosto del 1993, un rapporto della Dia, aveva intravisto e descritto una aggregazione di tipo orizzontale, in cui rientravano, oltre alla mafia, talune logge massoniche di Palermo e Trapani, gruppi eversivi di destra, funzionari infedeli dello Stato e amministratori corrotti». Pisanu Ricorda anche le considerazioni del procuratore di Caltanissetta Lari, per il quale Cosa Nostra non è stata «eterodiretta da entità altre», ma che al tavolo delle decisioni si siano trovati, accanto ai mafiosi, «soggetti deviati dell'apparato istituzionale che hanno tradito lo Stato con lo scopo di destabilizzare il Paese mettendo a disposizione un know-how strategico e militare».