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Quello schiaffo del cielo

L'attore Pietro Taricone

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Credi di poter dominare il cielo, ma basta un attimo. Sembra una carezza, forse è un colpo di vento. O forse no. È in quell'istante che la vita ti si attorciglia addosso, e la vela benigna che aveva sorretto la tua sorte, nell'aria e davanti alle telecamere, si avviluppa al corpo come un sudario precoce. Che avrà pensato, Pietro, quando a poche decine di metri dal suolo ha capito che quell'"errore nella manovra di frenata" - l'avrebbero definito così i testimoni - non lo avrebbe visto atterrare in piedi, ribaldo e integro come dopo ogni altro lancio? Sul Cessna che ieri mattina lo aveva portato per due volte in quota, sopra l'aviosuperficie di Terni, c'erano altri sette paracadutisti. Seguivano un corso di sicurezza teorico-pratico. Tra loro, anche la compagna di Taricone, la radiosa Kasia Smutniak. Si erano innamorati sul set di "Radio West", e per lei "O' Guerriero" aveva messo da parte il suo hobby preferito, quell'erotismo praticato con le centinaia di fans che lo avevano visto in azione sotto un'altra vela: i tendaggi della casa del "Grande Fratello 1", dove si era rifugiato con Cristina Plevani in cerca di un po' di intimità. Kasia aveva fatto capire a Pietro che sotto i muscoli pompati il batticuore poteva essere virilmente accolto: avevano messo su famiglia, e sei anni fa è nata quella meraviglia di Sophia. Poi un giorno, girando "Barbarossa", lei era andata in confusione per Raz Degan, e i rotocalchi se n'erano accorti. Pietro e Kasia si erano confrontati, avevano svuotato gli armadi dei loro scheletri privati, ed erano andati oltre. «Ma se quello lo incontro per strada gli spacco il naso», aveva giurato lui. Andare oltre, superare ogni ostacolo. Figurarsi se un'attrice cresciuta Oltrecortina, nella plumbea Europa dell'Est comunista, poteva lasciarsi intimidire. Il paracadutismo era una delle loro nuove passioni condivise, oltre ai cavalli. Erano esperti, coraggiosi, complici. Mesi fa, in pieno inverno, era stata l'attrice polacca a provare un brivido d'orrore. L'aveva salvata il dispositivo d'emergenza, ed era atterrata incolume su una statale vuota, come in uno dei suoi film d'azione. Ieri, invece, quando i suoi piedi hanno toccato l'erba, e ha visto Pietro disteso e immobile, Kasia ha capito che era arrivato quello schiaffo dal cielo. Che l'Italia avrebbe ricominciato a parlare di "Taricone" - l'unico fra i vecchi protagonisti del Gf a guadagnarsi l'onore del cognome - ma non come ai vecchi tempi. Lui che aveva spiegato l'amore per questo sport rischioso dicendo che «saltare da 4.500 metri con un paracadute a profilo alare è un'esperienza unica. Lo sport ci aiuta a crescere, a incanalare le energie nel giusto modo, a stare lontani da quelle derive nichiliste che continuano a cercare di imporci come modelli culturali». Era legato ai ragazzi di CasaPound, con loro si gettava dall'aereo, era il testimonial delle loro iniziative agonistiche. «È il mio modo di fare volontariato», sottolineava. Pietro non ha ripreso conoscenza dopo la caduta. All'ospedale di Terni sono andati avanti per ore, combattendo contro quel trauma cranico, l'emorragia addominale, le fratture al bacino, e quel primo referto che parlava di «condizioni estremamente critiche». I medici sapevano che - oltre le pareti della camera operatoria - non esisteva alcuna discrezione nei confronti di un personaggio al quale l'Italia ha voluto bene, lui con gli occhiali da "Cobra" Stallone, la genuinità di provincia, l'irresistibile attrazione per i bolidi, le ragazze sospirose, la palestra e quella sua lingua che non la mandava a dire ai radical-chic che lo accusavano - a tempi del proto-trash tv - di avere «un cervello di plastica». Pietro che aveva saputo affrontare con giocosa tracotanza i riflettori, prima di quella sberla di una mano invisibile, lui che era sicuro di aver imparato a cadere e rialzarsi, dopo ogni volo.  

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