Era incapace di intendere e volere Massimo Tartaglia, quando più di sei mesi fa ferì al volto Silvio Berlusconi colpendolo con un souvenir del Duomo di Milano.
Perun anno però deve rimanere in libertà vigilata nella comunità terapeutica dove si trova agli arresti domiciliari da qualche mese, seguire le disposizioni del direttore della struttura, e non partecipare ad alcuna manifestazione pubblica. È arrivata dopo circa un'ora e mezzo di camera di consiglio la decisione del gup di Milano Luisa Savoia, davanti al quale si è celebrato il processo con rito abbreviato nei confronti del perito elettrotecnico che lo scorso 13 dicembre, al termine di un comizio, aggredì il presidente del Consiglio. L'uomo, che finì in carcere, era accusato di lesioni volontarie gravi con le aggravanti di aver agito con premeditazione e contro un pubblico ufficiale, cioè il capo del Governo. Berlusconi, che per quel colpo finì in ospedale con ferite ritenute guaribili in 40 giorni e subì un indebolimento dell'apparato della masticazione, ha scelto di non costituirsi parte civile. Il giudice, che ieri mattina, al termine di un processo lampo, ha accolto le richieste del procuratore aggiunto Armando Spataro e anche quella della difesa di Tartaglia, si è basato in sostanza sull'esito della perizia disposta due mesi fa. Aveva nominato uno psichiatra, il professor Antonio Marigliano, e una psicologa, la dottoressa Fiorella Gazale, ai quali aveva affidato il compito di appurare il grado di infermità mentale di Tartaglia. I due esperti nella loro relazione, 57 pagine depositate quattro giorni fa, hanno stabilito, in linea con la consulenza di parte, che l'uomo al momento dell'aggressione era incapace di intendere e volere e che è pericoloso socialmente, anche se in grado di stare in giudizio. Infatti, da quando è seguito in una struttura adeguata, sta molto meglio. «Lo stato di infermità - è scritto nella perizia - si è nettamente attenuato e le sue funzioni cognitive e volitive sono in una condizione di buon recupero». L'assoluzione del giudice è stata accolta con soddisfazione non solo dai difensori, gli avvocati Daniela Insalaco e Gian Marco Rubino, («fin dall'inizio abbiamo ritenuto che le esigenze di cura fossero la priorità»), ma anche e soprattutto da Tartaglia. «Sono contento» ha detto quando gli è stata comunicata la decisione del gup. E così anche i suoi genitori. «Siamo sollevati», ha detto il padre Alessandro, aggiungendo: «Non so quali saranno gli sviluppi, ma mi auguro che presto potremo riabbracciarlo. Abbiamo incontrato spesso Massimo negli scorsi mesi e ultimamente lo abbiamo trovato più tranquillo anche se in questi giorni era un po' teso per il processo». Critico, invece, il portavoce del Pdl Daniele Capezzone: «Con tutto il rispetto per le valutazioni giuridiche (opinabili come ogni altra valutazione), la decisione odierna lascia grandi preoccupazioni e perplessità. Tartaglia nel dicembre scorso, è giunto a un passo dall'omicidio di Silvio Berlusconi. Oggi tutto finisce così. Non è un po' poco?»