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Se la Lega prende palla sulla Nazionale

Una bandierina tricolore

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A prima vista, parrebbe che nelle ampolle colmate dalle sacre acque del Po siano state versate sostanze allucinogene. Da giorni lo smarrito abitante della Padania Felix non capisce più quale sia la linea da seguire, a proposito della Nazionale. La radio ufficiale del Carroccio dapprima bercia contro gli azzurri, poi piagnucola per l'orrida eliminazione. Il Senatur aveva insinuato che la partita con gli slovacchi potesse essere comprata, e dopo i moti d'indignazione diffusa si è rifugiato dietro la versione della battuta di spirito. Ora ecco ministri e parlamentari leghisti, in ordine sparso, a suggerire i metodi per rifondare il nostro calcio dopo la debacle. L'ultima è del deputato lumbard Cavallotto: la soluzione per tornare a livelli d'eccellenza? «Formare oggi giovani calciatori legati alla propria città e alla propria regione ci consegnerà domani campioni che si sentiranno rappresentanti del proprio territorio in una futura Italia federale», spiega. Traduzione: le squadre andrebbero formate consultando il certificato di nascita, al massimo quello di residenza. Idea impraticabile (anche se Roma e Lazio ne beneficerebbero, mentre Inter e Milan finirebbero in B), ma che si iscrive a meraviglia nel filone populista-propagandistico con cui la Lega ha alimentato il dibattito sui Mondiali. Anche qui, sembra un paradosso che a lasciare accesi i fari sulla squadra che porta sul petto il tricolore sia un movimento perennemente sospeso tra federalismo e secessionismo, in barba a Mameli, Garibaldi e le fanfare sui 150 anni dell'Italia unita. Eppure, a ben guardare, appare chiaro che si tratti di una raffinata offensiva mediatica, dove l'obiettivo è conquistare la prima pagina in un momento in cui non si pensa altro che al pallone. Poco conta che si dicano cose antitetiche rispetto al giorno prima: la politica si pasce del linguaggio della contraddizione, del ripensamento, della precisazione. Intanto se n'è parlato: e lo stiamo facendo anche noi, su queste colonne. Ma sarebbe sbagliato liquidare come semplici boutade da tavernetta le esternazioni calcistiche dei nipoti di Alberto da Giussano. Sul tema, la Lega ha sollevato questioni giuste e sbagliate, e questioni sensate proposte in modo inaccettabile. Quando Calderoli chiede a Lippi di rinunciare ai soldi da ct trova consensi unanimi. E quando sostiene che i nostri calciatori sono pagati a peso d'oro non dice una cosa bizzarra, anche se demagogica. Le notti brave degli assi, le Ferrari sfasciate con disinvoltura, gli allegri flirt degli assi con il veliname cinetelevisivo e le sbruffonate da coatti in perenne vacanza sono immagini assolutamente fuori sincrono in un Paese costretto a contarsi i buchi della cinghia. Guadagnano milioni di euro l'anno, e spesso si dilettano a insolentire i tifosi e a sputare sulla maglia del proprio club. Una moratoria sui compensi di questi bellimbusti - qualunque passaporto abbiano in tasca - sarebbe un gesto meravigliosamente etico da parte dell'ambiente calcistico, ma figurarsi se accadrà. Un paio di presidenti paperoni invocheranno la questione della competitività in campo internazionale, e continueranno a ingaggiare campioni attraverso spregiudicate operazioni di bilancio aziendale, muovendo miliardi dentro e fuori le loro scatole cinesi. Non si uscirà dal vortice prima di un fallimento societario di mezza serie A, che riporterà l'incantato pianeta del football italico al livello del pantano dove slitta l'economia nazionale. Solo allora, quando i soldi saranno davvero finiti e chissenefrega se una nostra squadra non vincerà la Champions, si potrà ragionare sensatamente sui vivai. Però Calderoli scivola di brutto sul razzismo: la valorizzazione dei giovani talenti non può essere ottenuta chiudendo i confini ai giocatori stranieri, con un qualche lunare decreto protezionistico. Vanno tagliati gli stipendi di chi scende in campo, italiani e non. Qualche fenomeno espatrierà, qualche bidone pascolerà. I ragazzi delle giovanili torneranno ad avere delle chance, e magari chissà. Peccato che - nel silenzio tartufesco e lacrimoso di quasi tutta la politica nostrana e dei maggiorenti della Figc - queste riflessioni sull'Italia abbia dovuto suggerirle la Lega. Che i derby se li gioca con il Tibet e la Lapponia.  

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