I duri Fiom ora frenano
La paura fa novanta tra i duri di Fiom Cgil che hanno respinto con forza la proposta del Lingotto. Le conseguenze potrebbero essere, infatti, un disimpegno in grande stile di Torino da una delle poche scommesse produttive nel Sud Italia. Così la gioia per la forte affermazione del no al referendum (il 37% dei votanti) lascia presto il posto al timore che l'ad Marchionne abbia nelle mani la carte per chiudere definitivamente la sua presenza nel Mezzogiorno. Così la Fiom in una nota ieri ha lanciato segnali di pace: «Si prende atto delle decisioni della Fiat di voler continuare a lavorare per i progetti futuri su Pomigliano con i soli sindacati che si sono espressi per il sì all'accordo ma, di fronte all'inattesa ampiezza del fronte del no all'intesa separata, si chiede al Lingotto di tornare al tavolo». Insomma ritorna la disponibilità. Non solo. Chi ha lavorato per spaccare e dividere lascia intravvedere la volontà di non voler continuare ad alzare muri. Il messaggio è chiaro. Da parte dei metalmeccanici della Cgil, in ogni caso, non ci sarà alcun boicottaggio volto ad ostacolare piani Fiat in Campania. «Noi facciamo gli accordi alla luce del sole e se non li troviamo scioperiamo: altre cose non ci appartengono, nè nei linguaggi nè nei comportamenti» assicura il segretario generale, Maurizio Landini che ieri pomeriggio ha convocato una conferenza stampa «per ringraziare i lavoratori di Pomigliano che con il loro voto hanno dimostrato una responsabilità e una dignità che deve far riflettere tutti». A bacchettare la parte del sindacato dei duri arriva anche la Confindustria. «C'è un sindacato che non comprende le sfide che abbiamo davanti», afferma il numero uno di Viale dell'Astronomia, Emma Marcegaglia, «supportando e apprezzando» invece «la posizione della Fiat decisa ad andare avanti con i lavoratori e i sindacati che condividono quelle scelte». Anche dalle altre sigle dei metalmeccanici le critiche non sono affatto velate. Sulle «spalle» della Fiom «sta la responsabilità» di un progetto che potrebbe sfumare, sostiene il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo. «Sarà ineluttabile - dice infatti - la decisione della Fiat di portare in Polonia la produzione della Panda» e di «non far mantenere l'impegno di investire lì 700 milioni di euro». Mentre la Fim sottolinea che quello «firmato è un accordo per la Panda».