Bossi si scusa con la nazionale
Un disperato tentativo per salvarsi in corner. E così la dichiarazione incriminata («La partita? Tanto se la comprano») che aveva suscitato le critiche della Figc («Stavolta il ministro ha passato il segno»), in realtà non era altro che uno scherzo: «La mia era una battuta, fatta alla buvette, mentre ero con i miei - spiega il leader del partito del Nord - E guarda che casino che è venuto fuori! Una di quelle battute come ne fanno tutti quelli che seguono il calcio quando sono tra amici». E, come ogni penitente che si rispetti, Bossi si lascia andare ai buoni propositi e annuncia: «Adesso starò più attento a fare battute, meglio non farle davvero, si rischia di far casino se non si è capiti. E comunque chiedo scusa alla nazionale. Finirà che gli Azzurri vinceranno il campionato del mondo, io gli faccio gli auguri». Ma non è finita qui, dato che il Senatùr, quasi colto da una sorta di misticismo religioso, rievoca un vecchio proverbio popolare: «"Scherza con i fanti ma lascia stare i santi". Toccare la nazionale è, in questo momento, come scherzare con i santi». Le parole di Bossi arrivano così a mettere fine ad una polemica che stava crescendo ora dopo ora. Infatti sull'argomento era intervenuto, appena prima che il Senatùr chiarisse la propria posizione, anche il ministro della Difesa e coordinatore del Pdl, Ignazio La Russa: «Sarebbero frasi gravissime se, per fortuna, non avessi saputo dagli amici leghisti che voleva essere solo una battuta». Ma anche i finiani tirano un fiato di sollievo e, nonostante i rapporti tra il presidente della Camera e il Senatùr non siano eccelsi, si sono dimostrati disponibili a metterci una pietra sopra: «A Bossi si può perdonare anche questa. Fa parte del personaggio - tuona il deputato Fabio Granata – Ci ha abituato a dichiarazioni paradossali e, per questo, non drammatizzo. Ha detto cose ben più gravi». Ora il problema si sposta tutto all'interno del Carroccio dove, però, i leghisti si distinguono sul destino degli Azzurri in Sudafrica. Così, proprio mentre i governatori di Veneto e Piemonte Luca Zaia e Roberto Cota si stavano impegnando per dar man forte al Capo («Bossi ha fatto una battuta. Se non si possono fare neanche battute sul calcio...»), l'eurodeputato leghista Matteo Salvini riaccendeva le polemiche contro la nazionale: «Se l'Italia venisse eliminata onestamente reagirei con totale disinteresse». Ma sicuramente la parte più pungente Salvini la riserva al presidente della Camera che da giorni bolla la Padania come «una favola»: «La Slovacchia è un Paese figlio di una secessione tranquilla, pacifica e democratica. Quindi sicuramente risulta più simpatica rispetto ad altri Stati. Ricordo a Fini che la Slovacchia esiste. E se quindici anni fa fosse andato in Cecoslovacchia avrebbe fatto la stessa figura che sta facendo oggi da queste parti, visto che tra quindici anni ci sarà anche la Padania». Ma Salvini non è l'unico a tifare per il Nord tanto che il deputato Paolo Grimoldi assieme ai "Giovani padani" ha deciso di organizzare la «Padania Cup 2010», una sorta di Mondiale giovanile. Un torneo durante il quale, come ironizza Grimoldi, «sono certo che non ci saranno problemi di inno dato che i nostri giovani conoscono il "Va Pensiero" a memoria». E così mentre il sottosegretario Daniela Santanché risponde alle provocazioni di Bossi annunciando che in caso di vittoria dell'Italia si farà tatuare un piccolo tricolore dietro al collo, all'opposizione non resta che ironizzare. Per i Democratici è l'ex ministro dello Sport Giovanna Melandri a intervenire: «Adesso Bossi ritratta quanto detto sulla nazionale. Degno esponente del proprio governo: nel pallone». Invece Sinistra Ecologia e Libertà si affida a Paolo Cento che lancia la proposta al ministro dell'Interno: «Questa volta Bossi si merita il Daspo. Chissà se Maroni, che vuole la tessera del tifoso, non farà una bella diffida al leader del suo partito». Molto più pungenti invece le reazioni dell'Udc e dell'Idv. Così se i centristi suggeriscono alla Figc di querelare Bossi («Qualsiasi mortale avesse pronunciato quelle valutazioni - commenta Maurizio Ronconi - sarebbe stato interrogato e, se non avesse proposto delle prove, querelato dalla parte lesa»), i supporter di Di Pietro ne fanno una questione di stile: «Le sue affermazioni sconclusionate fanno male al Paese e soprattutto non sono degne di un ministro della Repubblica».