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Silvio-Fini, l'intesa sarà scritta

Fini e Berlusconi

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La novità del giorno è che i finiani per la prima volta apprezzano Berlusconi. «Il suo appello è estremamente positivo», dice Italo Bocchino. Gli fa eco Adolfo Urso, uno che difficilmente non è in sintonia con Fini: «Bene Berlusconi, siamo sulla strada giusta». Parlano loro due che furono protagonisti dell'aggressione televisiva ai danni di due iperberlusconiani come Maurizio Lupi e Daniela Santanché meno di due mesi fa. E che cosa è successo? Come è possibile questa conversione? E soprattutto che cosa avrà detto mai il Cavaliere? Il premier interviene alla presentazione di Liberamente, la fondazione di Franco Frattini, Mariastella Gelmini e Mario Valducci, che si tiene a Moniga sul Garda. Interviene telefonicamente e non di persona, e già questo è un segno. Dice Berlusconi: «Purtroppo stiamo cercando di farci del male in casa, cerchiamo di non farlo», spiega. Quindi scandisce: «Non credo che dobbiamo aprirci a correnti ma dobbiamo essere uniti come siamo sempre stati». Ma consente: «Le fondazioni devono concorrere a fare del Pdl quel partito che ha unito tutti gi italiani che non si riconoscono nella sinistra». Dal convegno del Garda (non c'erano Formigoni e Brambilla, c'era Lupi tra i quarantenni ex Fi) Berlusconi frena qualunque tentativo di nuova componente interna ma autorizza il lavoro delle fondazioni. Quindi anche quello di Farefuturo, la fondazione di Fini. E le parole di ieri del premier arrivano il giorno dopo l'ulteriore apertura del Cavaliere questa volta sul disegno di legge sulle intercettazioni. Piccoli segnali, anche sostanziali. Messaggi incrociati. Quel che è sicuro è che tra Berlusconi e Fini il rapporto è diverso, più sereno. Tatticamente le loro posizioni sono diventate convergenti. Il capo del governo ha un po' subito la manovra messa a punto da Giulio Tremonti. Manovra che invece il presidente della Camera giudica scritta di fatto dall'asse nordista della coalizione. I conti pubblici dunque possono essere il terreno sul quale i due possono avvicinarsi di più. E non è un caso che Fini, appena qualche giorno fa, parlando a Benevento, abbia sottolineato come il decreto di stabilizzazione dei conti pubblici abbia previsto poco o nulla per lo sviluppo. Un concetto che Berlusconi condivide appieno. Convergenze tattiche, dunque. Sebbene tra i due il rapporto è senz'altro logorato, minato nei suoi fondamentali. Certo, Berlusconi è il più rapido a mettere da parte risentimenti, stizza, acredine. Ma anche Fini sembra pronto a riprendere il filo del discorso visto anche il sostanziale riconoscimento della giustezza delle sue posizioni. Dice un mediatore di parte finiana: «La corsa di Gianfranco non può essere su Silvio, ma su Tremonti. È Giulio il suo vero competitor». Il tutto si salda anche con un generale fastidio di Berlusconi nei confronti della Lega e del suo strapotere su tutti i fronti. Tanto che c'è chi legge in quel «non facciamoci del male da soli» anche un messaggio diretto a Umberto Bossi. E pure la nomina di Aldo Brancher a ministro per l'attuazione del Federalismo sarebbe un modo per fare ombra allo stesso Senatùr che, proprio ieri, ha voluto rimarcare come il ministro per la riforma federale sia lui. Dunque Fini rientra in gioco. Almeno nello scacchiere berlusconiano. I due però hanno perso qualunque fiducia l'uno dell'altro. Per questo ogni accordo prossimo (e forse venturo) tra i due sarà su carta. In verità da alcuni giorni i vari mediatori non stanno più portando più appunti con loro ma lettere, note scritte che stanno evolvendo in una bozza. C'è anche chi ipotizza che l'intesa possa passare per un notaio. D'altro canto anche l'intesa di spartizione delle future cariche di vertice del Pdl (il famoso 70-30, 70% agli ex Fi e il 30% agli ex An) ebbe una vidimazione legale e formale. E quindi se bisognerà rivedere quello è possibile un nuovo passaggio dal notaio. Perché anche di organigrammi si parlerà. Oltre che di commissione per il federalismo e congresso a breve, che Fini aveva chiesto e non ha più visto.

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