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Berlusconi richiama il Senatùr Il feeling tra i due si è incrinato

Silvio Berlusconi e Umberto Bossi

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L'appuntamento è per cena. Le cene di Arcore. A villa san Martino arrivano Umberto Bossi e Roberto Calderoli. Di argomenti sul tappeto ce ne sono fin troppi. Quella più urgente riguarda il blitz compiuto da Silvio Berlusconi promuovendo Aldo Brancher da sottosegretario del ministero di Bossi a ministro per l'Attuazione del federalismo. Promozione che al Senatùr non è piaciuta tanto. E lo ha detto chiaro e tondo da Pontida, dove Brancher (ufficiale di collegamento tra Berlusconi e il Carroccio), invece, per la prima volta, non è andato. Sottotraccia c'è anche un dissapore sul disegno di legge sulle intercettazioni visto che Bossi ha aperto alle modifiche proprio mentre il Cavaliere era ancora attestato sulla linea del «non si tocca nulla». Il punto è che tra Berlusconi e Bossi qualcosa non funziona. O non funziona più come una volta. Essenzialmente perché il premier comincia a sospettare che la Lega giochi troppo una partita personale, solo per il fine della sua formazione politica. E non remi, invece, per tutta la coalizione. Sospetti di questo tipo erano emersi già nel dibattito sulla Manovra quando qualcuno tra i berlusconiani era convinto che in realtà al ministero dell'Economia stessero lavorando per mettere da parte un gruzzoletto, un tesoretto da utilizzare per il federalismo. E il federalismo, i suoi tempi di realizzazione, i passaggi tecnici da compiere è e resta il vero nodo. Bossi sa che si avvicina il tempo delle decisioni, entro fine mese il ministero dell'Economia deve mostrare le carte, far capire come e in che modo intende agire, come intende scadenzare le prossime tappe. E come sempre quando si avvicina il momento delle scelte il Senatùr alza la voce. Non è un caso che proprio a Pontida si siano risentiti i toni accesi, abbia risuonato la parola «secessione» anche se non pronunciata dal leader ma da un suo luogotenente come Roberto Castelli. A conferma del clima di sospetti e di qualcosa che si sta incrinando arriva la nomina di Brancher a ministro. Nomina sulla quale il Quirinale, sempre attento al non proliferare di nuove poltrone, non ha fiatato. Anche sul Colle si comincia a temere (finora c'era solo un'insoddisfazione) lo strapotere della Lega. E non è un caso che Fini, solitamente in perfetta sintonia con Napolitano, proprio ieri decida di tuonare contro il Carroccio. Parole che dalle parti di Berlusconi leggono come frasi a supporto dell'azione del premier esattamente come altre volte quelle di Bossi contro Fini sono servite a circoscrivere la sua capacità di interdizione.

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