G8, Sepe: troppe invidie. Per Lunardi
chiesta l'autorizzazione a procedere
Il cardinale non teme l'accusa di corruzione per la quale è indagato a Perugia. Anzi, la cancella dall'immaginario collettivo e punta il dito anche all'interno della Chiesa. Ieri a Napoli, durante l'omelia ai fedeli: «Pregate per il vostro vescovo... Non abbiate paura... dopo quel calvario ci sarà la luce della resurrezione... Il clima che ci circonda produce sofferenza. C'è tracotanza della criminalità, superbia, invidia, gelosia dentro e fuori la Chiesa». Fuori la chiesa, ai cronisti: «Domani (oggi, ndr) dirò tutto, la verità viene fuori». Eccolo l'atteso commento del cardinale Sepe, arcivescovo del capoluogo partenopeo, indagato l'altro ieri dai pm di Perugia Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi per presunta corruzione, insieme con l'ex ministro delle Infrastrutture del precedente governo Berlusconi, Pietro Lunardi. Nella chiesa di Sant'Onofrio dei Vecchi in corso Umberto a Napoli, e poi nella basilica di San Lorenzo Maggiore per il 42° anniversario della Comunità di Sant'Egidio, per allontanare da sé l'ombra delle accuse Sepe si è rifatto alle parole di Giovanni Paolo II. Non è apparso preoccupato dai sospetti sul suo ruolo di ex prefetto della Congregazione Propaganda Fide. Gli ulteriori sviluppi dell'indagine perugina fanno riferimento alla figura del costruttore Diego Anemone, considerato personaggio centrale della presunta cricca. E in entrambe le operazioni avrebbe avuto un ruolo Angelo Balducci, già nobiluomo di Sua Santità e presidente del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. In particolare le accuse mosse al cardinale Sepe riguardano la vendita di alcuni palazzi e la ristrutturazione, sembra anche di edifici sacri, di Propaganda Fide (della quale Balducci è stato per un periodo consultore). Operazioni, queste ultime, svolte da aziende di Anemone. Il sospetto dei magistrati è che l'arcivescovo di Napoli - il quale all'epoca dei fatti contestati era al vertice di Propaganda Fide quello che è considerato il dicastero più ricco di tutta la Santa Sede e attraverso cui transita il denaro per le missioni in tutto il mondo - abbia ricevuto favori in cambio. E nella lista sequestrata in uno dei computer di Anemone ci sono diversi riferimenti a ristrutturazioni di edifici sacri o comunque appartamenti intestati a prelati, tra cui il duomo di Ancona e la chiesa di Santa Maria in Trivio a Fontana di Trevi. Il nome del cardinale Sepe compare nell'inchiesta perugina anche in relazione alla casa di via Giulia a Roma nella quale per un periodo abitò il capo della Protezione civile Guido Bertolaso. È stato infatti lo stesso sottosegretario a riferire agli inquirenti che l'appartamento gli venne messo a disposizione gratuitamente dal professor Francesco Silvano, collaboratore di Propaganda Fide. Sarebbe stato proprio il cardinale Sepe a indirizzare Bertolaso - ha spiegato lui stesso nell'interrogatorio a Perugia - al professor Silvano. Una vicenda ancora al vaglio degli inquirenti perché dall'indagine è invece emerso che l'appartamento è di proprietà di Raffaele Curi e a pagare l'affitto nel periodo in cui abitava lì il capo della protezione civile sarebbe stato l'architetto Angelo Zampolini, accusato nell'inchiesta perugina di avere riciclato denaro di provenienza illecita che gli investigatori sospettano provenire da Anemone. A Lunardi l'accusa di corruzione è stata invece contestata per la vendita e la ristrutturazione di un palazzo in via dei Prefetti a Roma, che compare anche nella cosiddetta Lista Anemone, al numero 26 dei lavori fatti nel 2004. In un'intervista a un quotidiano il 14 giugno scorso è lo stesso Lunardi a ricostruire i passaggi della vicenda. «Arriva Balducci - ha spiegato l'ex ministro - e mi dice: Propaganda Fide sta mettendo a reddito i suoi duemila appartamenti. Mi porta la lista e io scelgo via dei Prefetti, dove trovo Anemone che sta ristrutturando il palazzo per conto di Propaganda Fide. Entro e chiedo di acquistare l'appartamento ma il cardinale Sepe prende tempo e mi concede di restare». Secondo la versione di Lunardi, Sepe risponde 14 mesi dopo. «In quel periodo - ha detto ancora - non ho pagato l'affitto, mi hanno fatto la cortesia di ospitarmi gratis. Quando nel 2004 arriva la risposta, una banca valutò il palazzo 4 milioni e 160 mila euro, io ho acceso un mutuo da 2,8 milioni, più 600 mila euro miei. Zampolini mi ha avviato la denuncia di inizio attività per la ristrutturazione». Il legame tra Anemone e Lunardi nasce nel 2002-2003. Il tramite fu Balducci. Sempre nell'intervista, l'ex ministro ha raccontato che Anemone «voleva sdebitarsi perché, con una telefonata a un funzionario della Banca di Roma, lo avevo aiutare ad acquistare i terreni su cui avrebbe edificato il Salaria sport village. Anemone mi ha fatto lavori per 120 mila euro - ha concluso Lunardi - a prezzo di costo».