In gioco c'è il futuro del Paese
C’è un grande stridore tra i successi diplomatici di Silvio Berlusconi all’estero e gli stop all’azione del governo in patria. Qualcosa non torna. Mentre Giulio Tremonti rivendica il ruolo dell’Italia e del Cavaliere nella gestione del Consiglio europeo sulla crisi, nel Belpaese è in corso un duro scontro proprio su quella manovra che l’Unione ha valutato positivamente. Si dice: non cambiano i saldi e quindi tutto andrà per il meglio. Ma in realtà anche se la torta resta delle stesse dimensioni, quando si cambiano gli ingredienti il gusto e la qualità cambiano eccome. Ecco perché occorre stare attenti a quel che accade intorno ai nostri conti pubblici. Tutto è migliorabile, ma stravolgere le cose di questi tempi potrebbe dare alla speculazione - e alle agenzie di rating - il via libera per attaccare nuovamente il nostro debito sovrano e l’euro. Occhio a fare i furbi, perché in giro per i mercati ci sono squali con i denti al titanio. La stessa vicenda delle intercettazioni mostra tentennamenti ed errori che ora vengono a galla. Ho scritto più volte che il testo non era il felice compromesso che serviva e i fatti ci dicono che il disegno di legge sembra inevitabilmente destinato a cambiare se non addirittura a impantanarsi. Umberto Bossi ieri ha fatto una mossa intelligente per la Lega, ma ha anche dato una mano a Fini a legittimare ulteriormente il suo ruolo di uomo d'interdizione nel Pdl. Preoccuparsi delle opinioni di Giorgio Napolitano sulle intercettazioni è cosa buona e giusta, dare al Presidente della Camera un semaforo verde per stoppare, rallentare o riscrivere i provvedimenti della maggioranza è cosa assai rischiosa. Bossi ha tutto da guadagnarci perché assicura al suo partito il cammino del federalismo, ma al partito di Berlusconi questo gioco diplomatico tra Umberto e Gianfranco può costare parecchio. Non bisogna dimenticare che Fini ha un programma politico che non è quello della maggioranza del Pdl, il Carroccio cercando sponde per i suoi obiettivi, nello stesso tempo legittima una singolare «dittatura della minoranza» dentro il Pdl. Tutto questo servirà a placare l'opposizione? Non credo. Darà una mano a ridurre la distanza tra Berlusconi e Fini? Ne dubito. Rassicurerà il Cavaliere nei confronti della magistratura militante? Per niente. Sarà il gerovital per il governo? Figuriamoci. La realtà è che Berlusconi dovrà continuamente guardarsi le spalle e, chi parla oggi di sconfitta dei falchi, in realtà assapori non un'affermazione della saggia politica del compromesso, ma immagini un percorso per cui il Cavaliere viene imbrigliato, frenato e destinato a spegnersi come un lumicino nei prossimi tre anni. Non lo vogliono far cadere, ma semplicemente logorare. E sperare che nel 2013 lo sia abbastanza da non potersi presentare ai blocchi di partenza. È questo il disegno di una parte della maggioranza e anche dell'opposizione che guardacaso gli tiene bordone alla grande. Il problema è che tutte queste trame, questi giochi di Palazzo, prevedono che Silvio ci caschi e prescindono dal consenso e dal voto popolare. Al di là delle dichiarazioni dell'entourage berlusconiano, il sondaggio di Ipr marketing per Repubblica ieri mi ha colpito. Al netto della propaganda - da una parte e dall'altra - quei numeri dicono una cosa che fa imbiancare i capelli a chi pensa al golpe di Palazzo, al papocchio istituzionale o a qualsiasi altro pasticcio: se si passa alle urne, Berlusconi torna a vincere perché il suo consenso resta altissimo e l'opposizione più strilla, più si radicalizza, più risulta indigesta agli italiani. I dati sono qui a fianco e non occorre essere un politologo per leggerli bene e trarne qualche utile lezione. Il Pd continua ad essere un partito in crisi, alla disperata ricerca di un'identità perduta, l'Udc di Casini è un centrino senza sbocchi in un sistema bipolare, il dipietrismo è un cocktail micidiale che succhia certamente voti al Pd, ma è destinato a restare minoritario e a catalizzare solo l'interesse degli arrabbiati non della maggioranza silenziosa del Paese, cioè quella che poi decide chi va a Palazzo Chigi. Ecco perché Berlusconi continua a governare, ecco perché non conviene a nessuno che cada, ecco perché nello stesso tempo non si può pensare di rafforzarlo. Il Cavaliere ha davanti a sé tre anni di legislatura e un dilemma: fare o no le riforme. I suoi avversari interni ed esterni puntano a sterilizzare la sua politica e farlo arrivare al traguardo senza munizioni. Per un Paese che ha un bisogno enorme di cambiamento, incastonato in un'Europa che ha un pil anemico, non è un bello scenario. Attenti, perché giocare a logorare il Cavaliere, significa giocare a sfiancare e dividere il Paese.