Il Pd urla al golpe, ma nel 2008 voleva fermare le registrazioni
Pier Luigi Bersani non ha dubbi: se il governo taglia i tempi di discussione sul ddl intercettazioni «un’opposizione già molto netta e forte sarebbe doppia o tripla». In fondo, per il segretario del Pd, quando Silvio Berlusconi snocciola numeri sulle intercettazioni dà «un'idea da Stato di polizia o peggio da grande fratello», «di terrorismo ad personam che lascia il tempo che trova». Ben più duro il commento del capogruppo democratico a Montecitorio Dario Franceschini: «Non bastano i ritocchi, serve un cambiamento profondo del testo». Mentre Jean Leonard Touadi descrive uno scenario apocalittico: «Con la posizione espressa dall'Osce sul ddl è ormai chiaro che, qualora il Governo decidesse di andare fino in fondo, l'Italia con molta probabilità uscirebbe dal novero dei Paesi pienamente democratici». Insomma, il principale partito dell'opposizione non ha nessuna intenzione di avallare lo «scempio» del governo. Anche per questo, con decisione, una parte del Pd si è immediatamente schierata a favore della protesta promossa dalla Federazione nazionale della stampa, da Articolo 21 e dal Popolo Viola e il primo luglio sarà in piazza a Roma per protestare contro il «bavaglio» imposto dall'esecutivo. Ora c'è un piccolo problema. Passi per Touadi, che è arrivato in Parlamento candidandosi nell'Idv, ma Bersani e Franceschini hanno partecipato alle Politiche del 2008 con la «maglia» del Pd. Il secondo era addirittura vicesegretario del partito. E quindi la domanda nasce spontanea: com'è possibile che nessuno dei due ricordi il programma con cui si presentarono alle elezioni? Già, perché al punto quattro comma b, si parlava, udite udite, di intercettazioni. In questo modo: «Lo strumento delle intercettazioni di comunicazioni telefoniche, informatiche e telematiche è essenziale al fine di costrastare la criminalità organizzata ed assicurare alla giustizia chi compie i delitti di maggiore allarme sociale, quali la pedofilia e la corruzione. Bisogna conciliare tali finalità con diritti fondamentali come quello all'informazione e alla riservatezza e alla tutela della persona. Il divieto assoluto di pubblicazione di tutta la documentazione relativa alle intercettazioni e delle richiesta e delle ordinanze emesse in materia di misura cautelare fino al termine dell'udienza preliminare, e delle indagini, serve a tutelare i diritti fondamentali del cittadino e le stesse indagini». E ancora: «È necessario individuare nel pubblico ministero il responsabile della custodia degli atti, ridurre drasticamente il numero dei centri di ascolto e determinare sanzioni penali e amministrative molto più severe delle attuali, per renderle tali da essere un'efficace deterrenza alla violazione di diritti costituzionalmente tutelati». Sorpresi? Lo sono anche gli ex collaboratori di Massimo D'Alema Fabrizio Rondolino e Claudio Velardi che, sul loro blog www.thefrontpage.it, si domandano: «Perché il Pd non rispetta il proprio programma? Se fra gli obiettivi del Pd in materia di riforma della giustizia c'è anche il divieto assoluto di pubblicazione di tutte le intercettazioni fino al termine delle indagini, perché non vota a favore della legge?» A Bersani l'ardua risposta.