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Rivelazioni di segreto d'ufficio, copia e incolla di documenti, incontri in procura, «soffiate» e furti di fascicoli

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C'èveramente tutto nelle indagini delle procure di Bari e Trani sulle fughe di notizie sul procedimento che ha coinvolto il premier Silvio Berlusconi sulle presunte pressioni sull'Agcom per far chiudere la trasmissione Annozero. Ma ora nell'inchiesta sarebbero spuntati i nomi di quattro magistrati. Si tratta di due pubblici ministeri e un giudice di Trani e un sostituto procuratore di Bari, che si vanno ad aggiungere a quello del tenente colonnello della Guardia di Finanza, Salvatore Paglino, ai domiciliari con le accuse di peculato e indagato a piede libero per rivelazione di segreto d'ufficio e stalking. Nel fascicolo, comunque, spunta anche il nome di un altro ufficiale delle Fiamme Gialle, Mario Ortello, amico del collega, che però non risulta indagato: i due ufficiali avrebbero avuto un colloquio proprio alcuni giorni prima che Paglino venisse colpito dal provvedimento restrittivo. Quante erano le talpe nelle procure pugliesi? È questa la domanda alla quale stanno cercando di dare una risposta gli inquirenti che hanno disposto una serie di accertamenti, affidati agli investigatori della Squadra Mobile di Bari, per verificare l'esistenza o meno dei contatti tra inquirenti e giornalisti. Oltre all'inchiesta che ha fatto finire sul registro degli indagati il premier per i reati di concussione e minacce (ora la sua posizione è all'esame del Tribunale dei Ministri), c'è anche quella sul presunto giro di escort in cambio di favori e quella sugli appalti nel mondo della sanità pugliese: in questo procedimento penale è coinvolto anche Gianpaolo Tarantini, che secondo gli inquirenti aveva il compito di contattare le donne da «usare come tangente» con politici locali e nazionali. Le notizie passate agli organi d'informazione erano quindi pilotate da qualcuno o no? Questo comportamento era mirato a danneggiare il governo Berlusconi? Questo vogliono chiarire gli inquirenti di Bari e Trani. Gli stessi magistrati stanno svolgendo indagini anche su altre figure professionali che potrebbero aver agevolato la diffusione dei documenti coperti da segreto: avvocati e politici. Anche nei loro confronti, infatti, sono in corso indagini per capire quali erano i rapporti di alcuni di loro con gli investigatori e gli inquirenti nel mirino delle due procure. Non sarebbe dunque soltanto uno il magistrato che era in contatto con i giornalisti. Non era quindi solo Michele Ruggero a parlare al telefono con i cronisti: lui è stato intercettato mentre conversava con una giornalista, utilizzando il cellulare del tenente colonnello Paglino, in merito agli interrogatori appena effettuati nell'inchiesta Agcom-Annozero. Secondo le procure di Bari e di Trani potrebbe esisterebbe quindi una vera e propria rete composta da inquirenti, investigatori, politici, avvocati e giornalisti. E quest'ultimi sarebbero stati utilizzati proprio per attaccare il premier, a volte ingigantendo anche le notizie nei suoi confronti quando non esistevano risvolti penalmente rilevanti. Ma sulla questione «la procura di Bari precisa che non sono mai state disposte intercettazioni a carico di magistrati nè di Trani, nè di Bari». Nei prossimi giorni la procura di Bari dovrà decidere se inviare gli atti al Consiglio superiore della magistratura per eventuali valutazioni disciplinari e alla procura di Lecce, che è competente a trattare fascicoli in cui sono coinvolti magistrati in servizio nel distretto di Bari. Sulla fuga di notizie e sulla presenza dei nomi di magistrati nelle intercettazioni telefoniche scende in campo anche la giunta distrettuale di Bari dell'Associazione nazionale magistrati, difendendo i loro colleghi. L'Anm denuncia il susseguirsi in questi giorni «di notizie stampa, non esenti da ingiustificati attacchi personali, in ordine al supposto coinvolgimento di un magistrato della procura di Trani nelle inchieste baresi in corso riguardanti una fuga di notizie in cui è coinvolto un ufficiale della Guardia di Finanza». Il sindacato parla di «false ombre sul lavoro dei magistrati», e rileva che «non si evince, per contro, da quella medesima stampa un solo elemento che giustifichi tali indiscrezioni». Non è escluso adesso che i pm possano ipotizzare nel fascicolo il reato di rivelazione di segreto d'ufficio, passando così le carte ai colleghi delle procure competenti. Per ora nelle mani degli inquirenti e investigatori di Bari ci sono documenti che li hanno convinti a chiedere e ottenere gli arresti domiciliari per il finanziere Paglino. A lui vengono contestati una serie di episodi che sarebbero andati avanti per almeno quattro mesi. Tra questi, le decine e decine di telefonate con giornaliste. Non solo. Nelle mani dei pm ci sono anche quasi duecento sms inviati dall'indagato a una escort, Terry De Nicolò, che più volte si sarebbe lamentata del comportamento dell'ufficiale. Le telefonate sul cellulare della donna, secondo gli inquirenti, «sono state effettuate per cercare approcci, diretti a realizzare incontri personali tra Paglino e De Nicolò». E molte sono state anche le telefonate a due giornaliste, una delle quali ha riferito agli investigatori che è dovuta arrivare al punto di dover spegnere il cellulare e non uscire di casa per lo stato d'ansia che le era stato cagionato dall'ufficiale con il suo comportamento. Tra le accuse ipotizzate nei suoi confronti dalla procura di Bari, c'è anche quella di aver fatto «visionare e fotografare o filmare atti di indagine inerenti il procedimento penale nei confronti di Gianpaolo Tarantini e dirigenti dell'Asl relativo all'ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione». Adesso, il compito dei pm di Bari e Trani è valutare l'esistenza di ipotesi di reato nei confronti dei personaggi che, a seconda delle differenti posizioni, sono finiti nel mirino della procura. Capire poi se ciò che è stato rivelato al telefono era coperto o meno da segreto d'ufficio e quali erano anche i rapporti tra investigatori, avvocati e politici.

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