Uno Stato di diritto senza libertà
Davanti alle immagini di Fabio De Santis, il procuratore alle opere pubbliche toscane implicato nello scandalo G8 e platealmente tradotto in manette in tribunale, quanti in queste settimane hanno sostenuto che la legge sulle intercettazioni in discussione al Senato rappresenti un grave attentato alla libertà di informazione dovrebbero fare a dir poco un sereno esame di coscienza. Facile dire che si tratta di un ingiustificabile attentato alla privacy a scapito di un cittadino che è innocente fino a sentenza definitiva. Ma quanta ipocrisia, quanto becerume e quanti interessi materiali si celano dietro questa ennesima levata di scudi nei confronti di uno "spettacolo" di fronte al quale si può soltanto provare vergogna? Quello delle intercettazioni è comunque un affar serio che richiede una nuova formulazione della relazione tra diritti individuali, sicurezza e diritto all'informazione tenendo conto di circostanze per molti versi inedite che hanno messo in crisi l’attuale quadro normativo e il modo in cui viene applicato. Per quanto condivisibile, la tesi che l'articolo 15 della Costituzione attribuisca luce e significato a ciò che la medesima dice negli articoli successivi non è risolutiva. Si tratta infatti di un'indicazione da cui, come si sta sperimentando, costituzionalisti, politici e opinionisti traggono conclusioni diverse e talora opposte. Il punto di partenza deve essere che la Costituzione serve a garantire i diritti e non che il loro godimento dipende dalle variazioni dell'opinione pubblica. Se si dovesse accettare tale ultima tesi ogni difesa del diritto alla riservatezza sarebbe vana. Ma, se si opta per la prima posizione diventa evidente che la difesa delle libertà individuali è prioritaria. Il che, per quanto chiaro in astratto, lo è meno in pratica. Infatti, quella «ragion di stato», che con grandi patemi d'animo aveva costretto anche i politici liberali a fare ciò che sapevano non si doveva fare: aggirare il diritto per ottenere informazioni utili alla sicurezza dello stato, oggi, ed indubbiamente, richiede di essere definita in modo diverso. Per due serie di motivi. Il primo è che la lotta al terrorismo e alla criminalità internazionale non può avvenire con mezzi tecnologici inferiori a quelli di cui dispongono quelle organizzazioni. Il vero terreno su cui si svolge la lotta è così diventato quello entro cui si ottengono le informazioni. Ed è naturale che sovente non si vada tanto per il sottile. Il secondo è che ciò ha messo nelle mani di chi usa tale inedita combinazione di strumenti tecnologici, giuridici e mediatici un potere enorme che non ha adeguati ed efficienti controlli da parte degli organi tradizionali. Che tale situazione configuri un vulnus per lo stato liberale fondato sulla rule of law è quindi un dato di fatto, imposto da un insieme di spiacevoli e preoccupanti circostanze, che tuttavia non devono indurre ad abbandonare lo spirito della tradizione liberale, quanto a riformularla. Ma non nella direzione che il diritto all'informazione debba prevalere su quello alla riservatezza. Gli abusi devono spingere a trovare una soluzione diversa da quella che hanno in mente quanti in sostanza pensano da una parte che la lotta contro le tipologie di reati che l'opinione pubblica ritiene più gravi possa avvalersi di strumenti che non tengono conto di un astratto diritto alla riservatezza, e dall'altra parte che un equilibrio tra questo e le esigenze della sicurezza, della legalità e dell'informazione possa scaturire spontaneamente. Delegandolo alla discrezionalità degli investigatori e della stampa sovente ispirata da interessi che hanno poco da spartire con l'accertamento della verità. Una cosa è infatti sostenere che una legge può essere formulata diversamente e meglio, tutt'altra cosa è invece accettare, senza far nulla per evitarlo, che il costo morale e materiale della sicurezza possa essere pagato da quanti alla fine potrebbero essere riconosciuti innocenti. Uno stato che si professa «di diritto» deve infatti farsi carico tanto dei diritti di libertà, quanto di quello alla sicurezza. E per ottenere tale risultato, tenendo conto del sostanziale fallimento della normativa vigente e del modo in cui viene interpretata ed applicata, occorrono strumenti legislativi nuovi che specifichino diritti e responsabilità adeguati alla situazione.