Federalismo e rigore per non copiare il Belgio
L’affermazione evidente e, a modo suo, spettacolare dei separatisti fiamminghi nelle elezioni politiche anticipate in Belgio contiene numerosi spunti di riflessione sulle dinamiche nelle relazioni Nord-Sud a diversi livelli, sia nazionali che europei. Colpisce che questa dinamica acceleri proprio in un luogo che è il cuore dell'Europa. Il Belgio, secondo molti osservatori, ha costituito un modello di sviluppo economico sociale e di integrazione, al punto che la stessa Unione Europea ha in quel Paese la propria capitale. Si è passati da un modello di integrazione ad un altro modello, ma di divisione Nord-Sud, con una serie di squilibri economico-finanziari e fiscali che mettono a rischio l'unità centrale politica e l'idea stessa di coesione sociale nazionale. Credo siano dinamiche familiari e di attualità sia in Italia che a livello europeo. E per questo vale la pena di esplorarne le cause e le conseguenze. La divisione a livello economico nasce dalla ormai solida dialettica tra una parte, i fiamminghi (Nord), finanziariamente virtuosi nei loro conti, a spese di contenimenti di eccessi e fiscalità "rigida", e dall'altra i francofoni (Sud), meno attenti alle finanze pubbliche e in parte dipendenti dai trasferimenti del Nord. Sounds familiar? In effetti, passando dal caso particolare a quello generale questa frattura più o meno replica e si sovrappone a quella nostra italiana e in generale a quella europea. Quali insegnamenti si possono trarre dalla osservazione del «laboratorio» Belgio? A mio avviso, è naturale e comprensibile che uno squilibrio strutturale nella direzione dei flussi finanziari e nell'applicazione rigorosa delle normative porti ad affermazioni di forze ed energie «indipendentiste». Questa situazione può essere «curata» in modo reattivo, attraverso appunto scelte indipendentiste e rigide, oppure in modo proattivo, con un saggio ribilanciamento degli squilibri che l'hanno generata. Tale obiettivo deve essere perseguito tanto a livello domestico quanto a livello europeo, grazie a una ricerca onesta e senza pregiudizi "storici" della eliminazione del deficit di democrazia o, meglio, del controllo democratico. Insomma, occorre garantire che a fronte di trasferimenti o tecniche di "salvataggio" vengano creati gli strumenti, di democrazia e di governance, che ne consentano una qualche forma di controllo. Questo per consentire che la fase di sussidio, o percepito sussidio, sia finalizzata alla ricerca di un equilibrio più virtuoso. A poco in realtà servirebbe una scelta reattiva di rottura e separazione: avere successo alle elezioni è cosa ben diversa dal vincere la sfida del governo, quella che punta davvero a risolvere o tentare di risolvere i problemi del tuo elettorato. Il caso belga produce ancora alcuni spunti credo interessanti di dibattito. Mostra, ad esempio, come probabilmente anche il modello ipotizzato di Europa delle regioni, lascerebbe intatte alcune dinamiche conflittuali Nord-Sud. Non si risolvono infatti con il dimagrimento tout court degli Stati centrali. La campagna elettorale in Belgio ha sofferto del clima di frattura, quindi si è discusso più di problemi di autonomia linguistica che dei veri temi aperti da una grave crisi economica. La lezione che arriva dal voto fiammingo per tutti gli europei (italiani compresi) è semplice: sarebbe meglio discutere come risolvere i problemi concreti piuttosto che di simboli ed inni. Credo inoltre sia molto interessante notare che in Belgio si è contrapposto di fatto al partito "separatista" un partito socialista comunque favorevole ad una spesa sociale poco coerente con la situazione finanziaria interna ed europea. È fondamentale che a tutti i livelli (nazionale e sovranazionale) il "partito" della disciplina nei conti e del rigore nei trasferimenti possa non essere rappresentato (solo) da istanze e movimenti che tendono alla separazione. Infine, tutti dobbiamo ricordare che «si è sempre meridionali di qualcuno» come diceva il professor Bellavista di De Crescenzo. Meglio trovare le soluzioni, anche federaliste, per gestire e risolvere gli squilibri. L'essenza della lezione belga è che è necessario trovare gli strumenti di responsabilità e controllo democratico nel rapporto di trasferimento di finanza tra Nord e Sud. Senza questi strumenti, rischiano di prevalere le istanze più radicali.