Berlusconi tira le fila «Basta parole, ora si decide»
Èun Silvio Berlusconi tranquillo quello che da Arcore segue gli ultimi sviluppi della politica romana. Nessuna particolare preoccupazione neppure sulla «melina» di Fini sulle intercettazioni. «C'è stata una riunione dell'ufficio di presidenza, il partito ha deciso all'unanimità, andiamo avanti», insiste il premier con chi lo ha sentito al telefono. Nemmeno a chi gli ha riferito delle ultime parole del presidente della Camera circa il disegno di legge sulle intercettazioni («Che fretta c'è?») ha sentito il premier scomporsi: «È fermo da più due anni, ora è arrivato il momento di decidere. Il testo è stato un anno e mezzo fermo alla Camera, c'era tutto il tempo per discutere, dibattere ed esprimere le proprie preoccupazioni. Oggi non ci faremo mica ricattare». Insomma, il Cavaliere ostenta sicurezza. Stanco per il tour de force al quale si è costretto durante il fine settimana tra Bulgaria, Libia e Italia, Berlusconi si è concesso qualche ora di svago anche perché la settimana prossima si sottoporrà a un nuovo giro infernale tra G8, G20 e un viaggio tra Brasile e Panama. Il Cavaliere è apparso rinfrancato dagli sprazzi di politica estera a cui si è dedicato, il successo nella trattativa tra Svizzera e Libia. Ma sono le questioni economiche che più lo preoccupano in queste ore. La Manovra sta per iniziare il suo iter al Senato. E proprio al gruppo al Senato stasera si incontreranno i finiani che hanno chiesto di poter avanzare le loro proposte. Venerdì scorso il presidente della commissione Finanze, Mario Baldassarri, e il sottosegretario al Welfare, Pasquale Viespoli, hanno incontrato il capo del governo a palazzo Grazioli. A loro Berlusconi si è mostrato disponibile, pronto ad accettare eventuali modifiche. Fermo restando i saldi finali. I finiani, dal canto loro, non sembrano intenzionati a smantellare la Manovra. Stanno studiando correttivi soprattutto sul fronte della produttività, un capitolo che anche Berlusconi - in privato - ha giudicato carente. Ma Fini, intervenendo ieri, ha suggerito modifiche piuttosto radicali: «Nell'ambito della Manovra - ha detto -, non sarebbe male chiudere la lunga stagione dei trasferimenti di risorse sotto forma di incentivi al mondo produttivo. Un approccio migliore sarebbe detrarre dalla dichiarazione dei redditi, così chi produce non ci rimette e i furbi e furbetti, che hanno un capannone dove non si produce nemmeno una penna, smettono di avere incentivi». E, tanto per esser chiari, ha sottolineato come l'intervento di stabilizzazione dei conti pubblici «ha due pilastri ben definiti: la riduzione delle spese e l'aumento delle entrate mentre è solo abbozzato il terzo pilastro: misure a sostegno per gli incrementi produttivi». «Il mio auspicio - ha ribadito il presidente della Camera - è che la Manovra non sia basata solo su quei primi due pilastri». Quindi ha rilevato: «È giusto tagliare i redditi elevati del 10%, ma nell'ambito del monte risparmio è poca cosa. Molto è in termini simbolici». Fini ha continuato: «La classe dirigente deve dare l'esempio ma attenzione a non fare demagogia di bassa lega. Non è lì che c'è la ciccia. Occorre mettere un freno alle politiche improduttive, agli sprechi, alla centralizzazione di beni e servizi». La partita è dunque iniziata, e le due strade di intercettazioni e conti pubblici sono destinate a incrociarsi ancora inevitabilmente. Anche se Berlusconi tutto vuole tranne che aprire due trattative per modificare i due provvedimenti.