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La Cgil sfila contro il governo e fischia Cisl e Uil

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.È scritto su berretti, fazzoletti e magliette indossati dai manifestanti. È la parola d'ordine del corteo organizzato ieri nella Capitale dalla Cgil contro la Manovra. Un concetto ribadito durante il comizio in piazza del Popolo dal segretario generale Guglielmo Epifani: «La manovra va fatta, ma quello che non va bene è come l'ha fatta il governo. Quindi no a questa manovra, con la quale pagano i sacrifici i soliti, e chi più ha non ci mette neanche un euro». La sfilata romana di migliaia di lavoratori (100mila, secondo gli organizzatori, 25mila per la Questura) venuti da ogni parte dello Stivale parte da piazza della Repubblica alle 15,30. Il fiume di bandiere rosse della Cgil e della Fiom imbocca via Bissolati, scende per via Barberini e poi aggira Trinità dei Monti per raggiungere infine piazza del Popolo. «Nessuna azienda deve essere chiusa, nessun lavoratore deve essere licenziato», recita uno striscione che, in tempi di crisi, ha il sapore amaro dell'utopia. La banda musicale attacca l'Internazionale, poi Bella Ciao, poi Bandiera Rossa. Colonna sonora d'antan, bandiere d'ordinanza, cappelletti rossi del sindacato. Folclore uniforme e unicolore spezzato, ogni tanto, da qualche cartello «originale», come quello che inneggia a Carlo Marx (con foto), definito «maestro unico». O un altro, simile, ma più «completo» che di immagini ne ha tre: oltre al fondatore del marxismo, «ottimo maestro», c'è Licio Gelli, «Gran maestro» e, naturalmente, Berlusconi, «apprendista muratore». Tutto procede tranquillo, fatta eccezione per un piccolo episodio all'inizio di via Sistina, quando un inquilino lancia dalla finestra un tubo di neon. «Fascista, scendi se hai coraggio», urla qualcuno, mentre altri prendono a pugni il portone (ben chiuso) del palazzo. Ma non è nulla. Nessuno si è fatto male. Si prosegue. Anche tra «compagni» c'è chi è critico nei confronti del sindacato: «Cgil stai ad ascoltare, i lavoratori vogliono parlare», urla un gruppo di precari. Lo spirito generale, però, è di concordia. L'obiettivo è il governo e la sua manovra economica. Che ferisce soprattutto, sostengono i manifestanti, i lavoratori della Conoscenza («Sopprimere la ricerca spegne il futuro» c'è scritto su un enorme striscione lasciato pendere dalla terrazza del Pincio) e del pubblico impiego. «Questa manovra - spiega Claudio Di Berardino, segretario Cgil Roma e Lazio - colpisce in particolare la Capitale e il Lazio per la presenza di una grande quantità di impiegati pubblici». Durante gli interventi la piazza riserva bordate di fischi ai segretari di Cisl e Uil, Bonanni e Angeletti e al ministro dell'Istruzione Gelmini. In un angolo due o tre ragazzi che indossano t-shirt con su scritto «tempo determinato» o «co.co.co» si sfidano a una partitina a pallone cercando di centrare le due reti montate sui sampietrini. Poi tutti a casa, la prova generale dello sciopero del 25 è finita.

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