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(...) aspetti mutanti quasi si trattasse di un virus resistente ai vecchi trattamenti farmacologici.

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Discuteremodelle diverse fasi di questa crisi: dall'eccesso di debito delle famiglie di mezzo mondo, ma non di quelle italiane, al conseguente fallimento della banche, americane ed inglesi non, non di quelle italiane. Quindi dell'intervento dello Stato e delle Banche centrali che hanno sostituito al debito privato quello pubblico. Ed infine ai mutati rapporti tra le monete. Un euro che si svaluta rispetto al dollaro ed allo yen: fonte di preoccupazione, ma anche elemento di ricomposizione di un equilibrio complesso, a livello internazionale, a dimostrazione che non sempre tutto il male viene per nuocere. La competitività di una parte dell'industria italiana ha avuto un incentivo ed il segno lo abbiamo in un inizio di ripresa. Discuteremo anche di sviluppo, ma non in forme astratte. Partendo dalle reali condizioni dei mercati e dall'urgenza di fare presto. Non pensiamo a ricette miracolistiche a vantaggio dei posteri, ma alle cose da fare, una volta approvata la manovra, con le modifiche che si renderanno necessarie. Con quell'intervento abbiamo tamponato l'emergenza. Dato un segnale importante ai mercati. L'Italia non è sull'orlo di un default. Ha energie, capacità e volontà per scorgere nella crisi anche le opportunità. L'esigenza di un'accelerazione nei processi di cambiamento: gli unici che, sul piano strutturale, sono in grado di cambiare pagina, dando concretezza al programma elettorale del Popolo della libertà. Non dimentichiamo la questione fiscale. Abbiamo promesso una riduzione del carico complessivo, per la fine della legislatura. Dovremo lavorare perché questo obiettivo possa essere raggiunto, senza rompere i delicati equilibri di finanza pubblica. Una discussione impegnativa, come si vede. Che non può prescindere da un'analisi approfondita di questa crisi; del suo carattere continuamente cangiante che tanto preoccupa non solo noi ma le capitali di tutto il mondo. Su questi temi vorremmo avere un confronto sereno con tutte le altre forze politiche italiane. Noi abbiamo un'idea, che approfondiremo nel convegno. Può essere anche sbagliata. Allora la si contesti, ma senza ricorrere alle vecchie giaculatorie. Ci si dica la vostra analisi è sbagliata per questi e questi motivi. Perché la ricetta giusta è invece quella che proponiamo noi. Purtroppo finora questo non è avvenuto. Specie da parte del Pd si è fatto ricorso a critiche retrospettive, prime di ogni fondamento, collocate fuori del contesto temporale che ha scandito l'evoluzione e l'imprevedibilità della crisi stessa. Su questo terreno Luca Ridolfi ha scritto su «la Stampa» una riflessione significativa. La sinistra è alla destra di Tremonti. Con il senno del poi tutti sono bravi a sputare sentenze. Ma non è di questo che ha bisogno il Paese. Dobbiamo porci il problema del futuro e non del passato. Del «che fare» e non «del che è stato fatto». Il Pd ha le risorse culturali necessarie per uscire dal ghetto della semplice recriminazione? Noi siamo là: non aspettiamo altro. Sappiamo, però, che se avessimo seguito le indicazioni di Bersani e compagni da due anni a questa parte ci saremmo trovati in una situazione greco-spagnola e che, paradossalmente, il nostro aumento del Pil (0,5) è superiore alla media europea (0,2). Poi sappiamo bene che entrambe le cifre sono molto basse. Il problema del rapporto fra interventi di emergenza per evitare il default europeo ed azioni per la crescita certamente c'è, ma è del tutto al di fuori delle ricette finora avanzate dalla sinistra Fabrizio Cicchitto

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