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Dagli azzurri un calcio alla politica

Mondiali di calcio Sudafrica 2010, Gianluigi Buffon durante l'allenamento

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  Il Mondiale comincia oggi, ma dal Sudafrica è già arrivato il primo gol degli azzurri, e segnato di contrattacco: pagheranno di tasca loro per festeggiare i 150 anni d'Italia. Al ministro Roberto Calderoli, che in un raptus di populismo (gliene capitano sovente) aveva sollecitato non meglio precisati “sacrifici” al mondo del calcio, rispondono Buffon e Cannavaro in persona, e con parole chiare: “Abbiamo discusso. La fondazione per le celebrazioni dell'Unità ha problemi di budget. E allora noi, che siamo un simbolo che unisce il Paese intero, abbiamo deciso. Se andiamo a premio, ciascuno di noi contribuirà con una parte della somma, piccola o grande che sia, per dare risalto al valore dell'Italia unita. E così, ciò che nessun onorevole, nessun imprenditore o professore o intellettuale avevano finora promesso, cioè di voler sostenere con qualche spicciolo il compleanno d'Italia, diventa un impegno per i tanto sbeffeggiati campioni del mondo. «Anziani», «malfermi», «privi di fuoriclasse», «pieni di soldi»: gli dicono di tutto, ormai, i Soloni del pallone gonfiato. Lo sport del tiro al bersaglio e al Lippi «che ha lasciato a casa Balotelli e Cassano», maledetto a lui, è in pieno corso, come sempre alla vigilia dei Mondiali. Poi le Cassandre del provincialismo (parlar male dell'Italia, purché se ne parli), salteranno sul carro, come ha ricordato lo stesso e non immemore Lippi, passando con disinvoltura, le Cassandre, dalla denigrazione all'apoteosi. Ma intanto e a prescindere da come andranno le cose, la Nazionale dà ora e subito una lezione di italianità. Se i nostri giocatori arriveranno nella «zona premio», ossia fra le squadre che si disputeranno i primi posti in classifica, una parte dei loro premi andrà, semplicemente e senza intermediari, all'Italia. Sorprende la bellezza del gesto, ma non l'ambiente da cui proviene. Nel mondo dello sport, dove i privilegi e le raccomandazioni non valgono, ma valgono il merito, la bravura e, se permettete, un certo stile, l'amore per l'Italia è inversamente proporzionale a quello generalmente profuso dal mondo della politica. La tennista Francesca Schiavone conquistava il Roland Garros a Parigi e cantava l'inno nazionale con dolcezza, spontanea, senza che nessuno la costringesse a farlo: come nessuno costringe campionesse e campioni nella scherma, nel nuoto, nel motociclismo, in ogni disciplina a commuoversi mentre sale il Tricolore. Invece, alcuni ministri, e indovinate quali, ancora si trastullano con Verdi «che è più bello» di Mameli. Ignorando, o facendo finta, che il grande compositore di Roncole di Busseto (Padania…) ispirò l'intero Risorgimento. Ma adesso una certa idea dell'Italia, gioiosa e frugale, ce la regalano i «vecchi» della Nazionale. Di fronte ai tanti chiacchieroni che invocano risparmi, ma viaggiano in auto blu e vanno in pensione con criteri scandalosi, e hanno le case «a loro insaputa», i Buffon, i Cannavaro, i Pirlo ci mettono la faccia e il denaro. Mettano anche il piede giusto, e noi continueremo a sognare con loro.  

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