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Francesco Alfani Il governo italiano approva lo scalone unico che dal primo gennaio 2012 innalzerà l'età della pensione delle dipendenti pubbliche da 61 a 65 anni.

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Conun salto diretto che evita le sanzioni comunitarie e scontenta tutti i sindacati. Il via libera del Consiglio dei ministri giunge nella mattinata di ieri. E ha il sapore del taglio netto: a partire dal 2012 le dipendenti degli uffici pubblici che non hanno ancora maturato il diritto di andare in pensione dovranno continuare a lavorare fino a 65 anni. La norma sarà introdotta nella manovra economica, con un emendamento del governo, e, in base ai dati comunicati dal ministro del lavoro Maurizio Sacconi, riguarderà una platea stimata di 25 mila donne. Un impatto «molto, molto contenuto», per Sacconi. Che sottolinea che anche l'effetto sui conti sarà limitato: 1,45 miliardi di euro da spalmare su dieci anni, da oggi al 2019. Dal ministero della Pubblica amministrazione Renato Brunetta chiarisce che l'intervento «non servirà a fare cassa». I risparmi sulle pensioni andranno infatti a finanziare un Fondo per le donne, destinato alle politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia, assecondando la proposta del ministro delle Pari opportunità, Mara Carfagna. Anche se non prevede fasi intermedie, il nuovo meccanismo permetterà comunque di «salvarsi» a coloro che avranno maturato i requisiti entro il 31 dicembre 2011. Per loro il diritto a ritirarsi potrà essere conservato anche continuando a lavorare. L'iniziativa del governo arriva dopo che nel 2008 l'Unione europea, con una sentenza della Corte di giustizia, aveva condannato l'Italia per discriminazione nell'applicazione delle norme sull'età pensionabile.

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