Veltroni dei misteri

È diventato l'uomo dei misteri. Piano piano sta intervenendo su tutti i fatti e i misfatti che hanno segnato la storia d'Italia degli ultimi quarant'anni. In attesa di svelare il mistero più grande che lo riguarda molto da vicino, cioè che cosa sia il Partito Democratico e quale sia la sua strada, Walter Veltroni ha infatti iniziato da qualche mese a scandagliare con encomiabile energia i grandi «gialli» politici italiani. Messo un po' ai margini della vita politica da un partito che, costruito sull'asse Bersani-D'Alema vede i suoi interventi come fumo negli occhi, l'ex sindaco di Roma ed ex segretario del Pd ha ritrovato nuova vita ritagliandosi uno spazio da membro della commissione parlamentare d'inchiesta sulla mafia. E da lì interviene quotidianamente. Utilizzandola come trampolino politico per attaccare la maggioranza. Oggi, ad esempio, sarà a Montecitorio con l'Associazione Parenti delle Vittime della strage di Ustica in occasione del trentesimo anniversario e insieme a loro presenterà le iniziative per ricordarlo. Tutto qui? Non si sa. Però Walter Veltroni potrebbe cogliere la palla al balzo per chiedere al governo di riaprire anche quel capitolo della storia italiana. Perché ultimamente lo ha già fatto tutte le volte in cui si è imbattuto in eventi del nostro passato. Non lesinando critiche politiche al governo. Ha iniziato con il delitto di Pierpaolo Pasolini, quando, a marzo, ha chiesto di riaprire il fascicolo del suo omicidio. «Per questo, come per altri fatti della orribile stagione del terrore, si deve continuare a cercare la verità», ha scritto in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera e indirizzata al ministro della Giustizia Angelino Alfano. Nel suo intervento Veltroni spiegava che su alcuni reperti del delitto, «il paletto insanguinato, i vestiti, il plantare», «oggi le nuove tecnologie investigative consentono, come è avvenuto per via Poma, di riaprire casi del passato». Il tutto perché Walter Veltroni è convinto che l'unica persona accusata del delitto, Giuseppe Pelosi, in realtà non fosse sola. Ma l'ex segretario ha anche chiesto accertamenti, approfondimenti, indagini del gruppo specializzati dei carabinieri del nucleo salvaguardia patrimonio artistico a proposito del capitolo scomparso del libro «Petrolio» di Pasolini. Perché tanto «furore» investigativo? Perché in quel capitolo sarebbero raccontate e chiarite le ragioni delle morti del presidente dell'Eni Enrico Mattei, del giornalista Mauro De Mauro, che indagò sulle ultime ore del Presidente dell'Eni in Sicilia ma anche dello stesso Pasolini che lavorò negli ultimi anni della sua vita a questa rappresentazione della lotta tra rappresentanti del capitalismo pubblico e privato attorno al controllo del petrolio e del relativo potere politico. Il caso si è riaperto sempre a marzo quando il senatore del Pdl Marcello dell'Utri affermò di aver avuto tra le mani «Lampi su Eni», cioè proprio il capitolo che parte della famiglia Pasolini afferma mai essere stato scritto ( anche se c'e' un rinvio interno nel testo pubblicato) mentre altri eredi ipotizzano che quei settanta fogli di carta velina siano stati rubati da casa dello scrittore dopo la sua uccisione. Esaurito il capitolo Pasolini, Veltroni si è «gettato» sulle bombe mafiose che hanno insanguinato l'Italia tra il '92 e il '93. Seguendo la teoria lanciata dal procuratore antimafia Pietro Grasso che aveva collegato le stragi alla tumultuosa fine della prima Repubblica. In che modo? Quegli attentati, è la tesi, furono compiute con l'aiuto di pezzi dello Stato con l'obiettivo di favorire la nascita di una nuova forza politica. «Per molto meno ci fu il Watergate», ha sostenuto Veltroni in un'intervista a «La Repubblica». E oggi, ha proseguito, «non si può assistere da spettatori indifferenti a notizie che in altre democrazie sarebbero priorità assolute, a dubbi tremendi su quelle morti». E l'attacco al governo? Eccolo qua: Ora, è il ragionamento dell'ex segretario del Pd, «è un momento difficile» come lo fu il '92-'93, «all'alba della seconda Repubblica», con «la crisi finanziaria l'esaurirsi di una fase politica, le difficoltà dei partiti e delle istituzioni» e potrebbe esserci il rischio «di nuovi crimini». Insomma tutto viene buono per occupare uno spazio sulla ribalta politica che i vertici del Pd vorrebbero invece negargli. Nell'ordine abbiamo ancora la strage dell'Italicus, la bomba di piazza della Loggia a Brescia, quelle di piazza Fontana a Milano, la bomba alla stazione di Bologna. L'uomo dei misteri è solo all'inizio.