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Intercettazioni, l'Idv occupa l'Aula

La protesta dell'Idv nell'aula del Senato

Schifani espelle i senatori ribelli

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Il governo pone la fiducia sul ddl intercettazioni e i senatori dell'Idv occupano l'aula del Senato. Di Pietro, dà man forte ai suoi stando nella sala antistante e attacca il premier: «È la nostra resistenza al dittatore Berlusconi». Di Pietro, non soddisfatto, rincara la dose: «La fiducia è in linea con quanto dichiara: per lui la Costituzione è un impiccio». E così che la protesta continui. L'ex pm, che in quanto deputato è stato costretto ad aspettare fuori dall'aula, ha abbracciato, fra gli altri, Francesco «Pancho» Pardi, il capogruppo Felice Belisario, il vice Fabio Giambrone e il capogruppo in commissione Giustizia Luigi Li Gotti. Ma Tonino è andato oltre e ha dispensato buffetti in faccia e pacche sulle spalle a tutti. «Bisogna fargli arrivare dei panini» si è immediatamente preoccupato, e quando gli dicono che si è già provveduto, insiste: «Sì, ma per stanotte? Tranquilli, arriveranno sotto il Senato i militanti a portare cibo e bevande e faremo una staffetta per farvi passare la notte in forze». Poi scherza con Pardi: «Avresti immaginato che con i capelli bianchi ti saresti trovato a fare le occupazioni? Forse tu le hai fatte, io facevo l'immigrato in Germania». E poi, ai giornalisti spiega che l'occupazione «è il modo per far sapere della grave lesione alla Costituzione operata da Berlusconi». Dalle affettuosità però Di Pietro passa subito alle minacce e annuncia: «È già pronto il quesito referendario da presentare subito dopo l'approvazione della legge, che continuo ad auspicare non avvenga. I militanti ai banchetti per la raccolta sono già pronti, si tratterà di inserire solo un modulo in più». Si preannuncia così un'altra giornata di fuoco tra i banchi del Senato dove oggi, dalle 12.30 in poi, verrà messo ai voti un maxiemendamento che raccoglie le ultime modifiche apportate al testo dal relatore Roberto Centaro. E non sarà una passeggiata, vista la reazione della minoranza che ha commentato con dei sonori e ripetuti «buuuù» l'annuncio fatto dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito. Un epilogo che Renato Schifani avrebbe voluto diverso e che invece non è stato. Così se da una parte l'Idv ha deciso di occupare «a oltranza» l'aula del Senato rivendicando una sorta di «resistenza al dittatore Berlusconi», il Pd riversa i propri attacchi proprio nei confronti del ministro Vito che, interrogato dalla capogruppo Finocchiaro a riguardo di quando il Cdm abbia autorizzato la fiducia, ha risposto indicando erroneamente la data del 29 maggio invece del 25 maggio. Neppure la precisazione del portavoce del ministro è riuscita a evitare i sospetti del Pd: «La fiducia votata con questa modalità è illegittima. Il testo è cambiato cinque volte e occorre che il Cdm autorizzi la fiducia su questo testo e non su quello del 25 maggio scorso» denuncia Finocchiaro che ricorda anche alcune dichiarazioni del Guardasigilli Alfano, che il 26 maggio sosteneva: «Al momento non v'è alcuna ragione per parlare di porre la fiducia». Tutte illazioni per Alfano che definisce «strumentali» le polemiche dei democratici. E mentre il capogruppo del Pdl, Maurizio Gasparri, difende le posizioni del centrodestra («è un diritto della maggioranza arrivare a questa decisione»), Umberto Bossi teme che il clima infuocato di Palazzo Madama possa compromettere il confronto con l'opposizione sulle riforme. Ma a mettere la parola fine alle discussioni è proprio il premier che ha commentato: «Questa legge non risolve tutti i problemi. È un primo passo e cercheremo di migliorarla più avanti».

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