"Governare così è un inferno"

Una mano e tutto il braccio destro sulla spalla di Guerrini, presidente di Confartigianato. L'altra mano appoggiata sul bordo del palco. Silvio Berlusconi appare così, rilassato ma in lotta, di buon umore ma dispiaciuto. I suoi progetti s'arenano, i suoi sogni si infrangono nel Palazzo, nel fatidico Palazzo. Così, quando il Cavaliere incontra i piccoli imprenditori, si lascia andare a uno sfogo che ha un retrogusto di giustificazione. «L'attività del governo e del Parlamento nel fare le leggi - confessa il premier -, se vista da dentro, è un inferno». Non che manchino «buone intenzioni», ci tiene a precisare, ma il vero freno è una «architettura istituzionale che rende difficilissimo trasformare questi progetti in leggi concrete e operanti». Insomma, è il solito Berlusconi. Che si lamenta dei lacci della Costituzione «molto datata», figlia di una serie di compromessi di matrice «cattocomunista», in cui «non si parla quasi mai di impresa e mai di mercato». Parole e concetti non nuovi che scatenano l'opposizione. Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, chiede al premier di smetterla di «attaccare la Costituzione. A Berlusconi dico: tu hai giurato sulla Carta, se non ti piace vai a casa». Il leader dell'Idv, Antonio Di Pietro, gli ricorda che «solo nei modelli fascisti si può fare a meno delle regole costituzionali e del Parlamento». Ma anche questa non è una novità. La novità stavolta, casomai, è nel «non detto», in quello che trapela dal tono della voce del premier. E sarebbero gli strali che volentieri lancerebbe nei confronti della sua stessa maggioranza, del disegno di legge intercettazioni fatto a pezzi dalle mille mediazioni, dalla Lega che reclama i decreti attuativi del federalismo fiscale, di un partito che lo ha deluso soprattutto al vertice. E lo si intuisce in un altro passaggio del suo intervento dal palco della Confartigianato. Quello in cui difende il ddl intercettazioni ma ribadisce che lo avrebbe voluto ancora più duro. «Questa legge non risolve tutti i problemi, ma è un primo passo importante: cercheremo di migliorarla più avanti». Difende poi la Protezione Civile, negando che esista una «cricca» che ha lucrato sugli appalti. Non parlano i finiani, che difendono il loro accordo raggiunto e ribadiscono che di più non era possibile fare in questa fase. Fini torna ad alzare la voce sul federalismo. Bossi non vuole parlare, arriva in Transatlantico, bacia Rosy Bindi e schiva i giornalisti, poi concede battute di rito del tipo: «La Costituzione è datata? È per questo che la cambiamo». E Berlusconi? Se ne resta a palazzo Grazioli tutto il pomeriggio per incontri vari. S'intrattiene con Gianfranco Micciché al quale confessa: «Non smettono mai di attaccarmi, continuano ad attaccarmi ma io continuo a resistere. Mi hanno dato perfino del fascista ma, lo sai - ha detto rivolgendosi al suo proconsole siciliano - più mi attaccano e più io mi carico». Quello del Cavaliere è un crescendo quotidiano. Da giorni non smette di tuonare contro tutto e contro tutti, come un leone ingabbiato che non riesce a fare quello che vuole. Un modo anche per far sapere ai suoi che una nuova svolta s'annuncia. Anche se forme e modi paiono ancora indefiniti.