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La crisi si supera solo con una leadership forte

Silvio Berlusconi e Sandro Bondi

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La crisi della Grecia, le tensioni sull'euro, la coda minacciosa della crisi internazionale, infine le elezioni in Gran Bretagna hanno posto una questione essenziale: il ruolo positivo che le forti personalità politiche possono avere nel risolvere le crisi più drammatiche e nello stesso tempo nell'indicare prospettive di lungo termine. La democrazia ha bisogno oggi più che mai di leader forti, di esponenti politici che abbiano la forza di difendere scelte coraggiose e necessarie. In questi giorni è stata evocata la Repubblica di Weimar. Crisi economica e incapacità del sistema democratico di prendere decisioni tempestive e lungimiranti, sono alla base della crisi di quella esperienza e della nascita del nazismo. Analogamente in altri Paesi, per un concorso simile di circostanze e di occasioni perdute da parte delle forze democratiche, presero forma gli spettri del totalitarismo, dapprima inconsistenti e poi rapidamente capaci di suscitare consensi ed entusiasmi popolari. Non a caso nell'immediato dopoguerra, anche in Italia si discusse a lungo del significato della Repubblica di Weimar e della necessità di rafforzare la democrazia con l'innesto del presidenzialismo. Allora, purtroppo, il ricordo del fascismo e il pericolo incombente del comunismo indussero a preferire una forma di governo in cui la centralità del Parlamento avrebbe scongiurato il rischio di precipitare in qualsiasi nuova forma di autoritarismo. La conseguenza inevitabile fu però quella di indebolire il potere di decisione dell'esecutivo. La partitocrazia s'impadronì immediatamente del potere reale a scapito dell'autonomia e dell'autorevolezza delle istituzioni. La sovranità popolare fu imbrigliata dagli accordi di coalizione. Infine, i compromessi, più o meno storici, tra maggioranza e opposizione finirono per dare vita a quel consociativismo che è all'origine della crisi finanziaria, e non soltanto, dello Stato italiano. L'opposizione e lo smantellamento di questo sistema è venuto dapprima con l'introduzione del bipolarismo, reso possibile dall'ingresso in politica del Presidente Silvio Berlusconi, poi dal federalismo, che irrompe in Italia grazie alla Lega Nord di Umberto Bossi. Il presidenzialismo permetterebbe di compiere il passo finale per restituire la parola al popolo e toglierla al connubio centralista partiti-stato-economia che ha prevalso finora nella storia italiana. Il Presidenzialimo, ovvero il rafforzamento del potere decisionale della democrazia, coniugato, da un lato, con il proporzionalismo della legge elettorale, e, dall'altro lato, con il federalismo delle decisioni locali, può essere la risposta più adeguata ai nuovi problemi dell'epoca della globalizzazione nell'ambito di una strenua difesa dei principi fondamentali della democrazia. Senza leadership forti non si costruisce l'Europa, come dimostrano le vicende politiche di questi giorni. Analogamente, l'Europa unita potrà nascere solo se avrà i piedi ben piantati nella realtà e nel consenso del popolo. In questo momento l'Italia non teme più di tanto i riflessi della crisi, innanzitutto perché ha una leadership riconosciuta anche in Europa, e perché non mai declamato un europeismo di maniera. Anche sulla scena internazionale, la politica di Berlusconi è sempre stata improntata ad un concreto realismo non disgiunto però dalla capacità di promuovere, come in occasione di questa crisi, accordi e decisioni che si inseriscono in una importante prospettiva storica. Il profilo politico di Berlusconi, la sua leadership, si staglia sempre più chiaramente nelle grande scelte di politica internazionale. E anche questo è un bene per il nostro Paese.  

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