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L'ultima sceneggiata di Michele Santoro

Michele Santoro

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Squillino le trombe, rullino i tamburi, Michele Santoro disfa la valigia e resta a Viale Mazzini. O almeno ci prova, visto che, nonostante le rassicurazioni del presidente Paolo Garimberti, il problema dovrà essere affrontato dal Consiglio di amministrazione. Di sicuro il conduttore di Annozero è riuscito a rigirare la frittata: non è più lui quello che prende i soldi e scappa, la scelta è tutta dei vertici di viale Mazzini. Michele, semmai, si adeguerà cercando solamente di tutelare i propri interessi. In fondo si sa, gli eroi, quelli veri, non dicono mai «scusate, ho sbagliato». E così, ieri mattina, Santoro ha messo in scena l'ultimo atto della sua commedia delle parti. Sulla carta era una conferenza stampa per tracciare il bilancio dell'anno trascorso e chiarire i punti ancora oscuri del suo futuro. Nella realtà è stata una sorta di assemblea studentesca. Un vero e proprio comizio elettorale più volte interrotto dagli applausi e dai mugolii, con fischi, dei presenti. Ma anche un processo al direttore di Raidue Massimo Liofredi che, intervenuto per «riconoscenza» nei confronti del conduttore, si è presto trasformato in un imputato. Poche le domande rivolte a Santoro, molti di più i commenti sulla Rai lottizzata e sullo strapotere della politica. Senza dimenticare gli ovvi ringraziamenti al conduttore che, nel corso dell'anno, si è battuto senza risparmiarsi per colpire il potere costituito. Dal canto suo Michele ha recitato alla perfezione la parte della vittima. Solo contro tutti. «Così non si può andare avanti - ha spiegato -. Basti pensare che la puntata più seguita è stata quella che ha ospitato Patrizia D'Addario che è andata in onda con una diffida legale arrivata all'ultimo momento. Ci dicevano che tutte le responsabilità erano nostre. E, nonostante i rischi così alti, alla fine non abbiamo avuto niente, men che meno un premio di produzione». Quindi si è chiesto come mai nessuno parli degli sipendi di altri conduttori («le cifre autentiche e non quelle di base») o delle «consulenze offerte a chi è già in pensione», mentre ci si concentra su di lui che per primo ha reso pubblico i propri compensi davanti alla Vigilanza. E ha aperto il capitolo Trani: «Una cosa è lo scontro politico-editoriale, altra cosa è lavorare in un'azienda che trama per metterti fuorigioco. Senza l'inchiesta di Trani, l'Autorithy ci avrebbe comminato una sanzione abnorme e arbitraria, facendoci secchi senza che nessuno alzasse un dito per difenderci, tantomeno quelli che ora mi accusano di essermi arreso a Berlusconi». La conclusione di questo crescendo rossiniano è quasi ovvia: «Il presidente di Garanzia mi vuole? Vuole Annozero in onda? Scommetta la sua faccia e si esprima chiaramente. Io non posso più accettare questa situazione e vi annuncio: tra aprile e maggio della prossima stagione restituisco la libertà all'editore. Ci sono solo due strade percorribili: o si fa l'accordo o va in onda Annozero. Tertium non datur». A questo punto, però, c'è ancora una cosa da chiarire: come mai, se bastava una parola di Garimberti, Santoro ha iniziato la trattativa per lasciare la Rai? Il conduttore non si fa cogliere in fallo e replica: «Come lo volete chiamare "mobbing"? Lo volete chiamare "violenza"?» Chiamatela come vi pare, il cerino è nelle mani del presidente della Rai che prontamente risponde: «Adesso Annozero può cominciare. Sei una risorsa per la Rai, Michele, e quel cerino che hai acceso e che tu ora non vuoi più e che ti spaventa tanto, me lo prendo volentieri io e ci metto la faccia, come ho sempre fatto e sempre farò nella mia vita professionale». Certo, Garimberti sottolinea come «il Presidente non ha aziendalmente il potere di prendere da solo le decisioni che riguardano Annozero», ma al conduttore basta: «Il presidente spenga il cerino e accenda la tv. Torniamo a settembre». Fine della sceneggiata? Neanche per sogno. A stretto giro di posta ecco l'intervento del direttore generale Mauro Masi: «Ricordo a tutti, per quanto dovrebbe essere superfluo, che i poteri di proposta al Consiglio di Amministrazione, anche sui palinsesti e sulle singole trasmissioni, spettano al Direttore Generale dell'azienda. In quest'ottica ho proposto il 18 maggio scorso un accordo con Michele Santoro ampiamente e autenticamente consensuale i cui termini sono stati approvati all'unanimità, salvo due astensioni, dal Cda. Continuo ad attenermi al mandato ricevuto e ad implementare le delibere consiliari approvate». Di tutt'altro avviso Nino Rizzo Nervo, consigliere di amministrazione in quota Pd, secondo il quale, dopo le parole di Santoro, il mandato di Masi è esaurito. La soap opera, insomma, continua.

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