Chiudete il pozzo dei veleni
Non sono un dietrologo di professione né amo il genere giornalistico coltivato dai «pistaroli», però l’inchiesta in corso a Bari sulle fughe di notizie nel caso D’Addario e nell’intercettopoli di Trani comincia ad essere una cosa piuttosto seria. I particolari li racconta il nostro Augusto Parboni, io mi limito a fare due considerazioni: 1. un ufficiale della Guardia di Finanza passava notizie a delle giornaliste; 2. a quanto pare non lo faceva solo per farsi bello con il gentil sesso armato di penna, ma perché - parole sue - «io tutte quelle notizie che ho avuto, sempre per un fine me le dà la gente». 3. anche un magistrato in servizio a Trani sarebbe coinvolto nell’inchiesta sul talpone. Mi domando semplicemente: quale fine? Immagino se lo stiano chiedendo anche gli investigatori, e allora ecco che il sospetto del complottone contro il Cavaliere non è più opera fantastica, ma ipotesi di indagine. Vedremo come andrà a finire, nel frattempo il Cav che vuole blindare la legge sulle intercettazioni ha una freccia al suo arco e naturalmente la farà scoccare. D’altronde, basta leggere le reazioni dell’opposizione al suo discorso di ieri per capire che non c’è trippa per gatti e il dialogo con la sinistra è impossibile. Regime. Ordinaria follia. Salute mentale. Fase terminale. Delirio di onnipotenza. Patetico. Piano eversivo. Con questo vocabolario non si va da nessuna parte. É un copione che dopo sedici anni è sempre lo stesso. Ogni volta che il Cavaliere parla, la sinistra e i suoi alleati non riescono a tirar fuori di meglio che o la frase di rito da parrucconi scandalizzati o la teoria golpista. Le risposte politiche sono tutte prossime allo zero, o meglio all'Anno Zero. Le parole di Berlusconi hanno dimostrato ancora una volta che il berlusconismo è una materia che l'opposizione non riesce a capire. Il Cavaliere quando parla in pubblico - soprattutto di fronte a una platea di imprenditori - fa quello che gli riesce meglio: solletica l'immaginario, lancia slogan, rompe il discorso pubblico ammorbato dal politicamente corretto, mobilita i suoi sostenitori contro i nemici di sempre. Il presidente del Consiglio su questo punto s'è dimostrato finora (quasi) imbattibile: sale sul palco, saggia il terreno e spinge l'acceleratore a tavoletta. Vrooom! A Berlusconi non importa un fico secco delle reazioni del Palazzo, delle grida, del vociare, dei risolini e del darsi di gomito dei mammasantissima, il suo pubblico non è quello istituzionale, ma quella massa in movimento che vede, ascolta e poi vota. Il suo istinto, mixato alla conoscenza del mezzo televisivo lo porta naturalmente a frantumare i codici della narrazione politica e "fare altro". In questo Berlusconi continua ad essere di gran lunga il leader più moderno e rivoluzionario. Come ricorda Pierre Musso nel suo libro "Sarkoberlusconismo", il Cavaliere ama definirsi "un sognatore pragmatico". Il filosofo francese non ama né Berlusconi né Sarkozy, ma la lettura del suo saggio è interessante per l'analisi della comunicazione. E chi vuol capire la politica contemporanea dovrebbe dargli un'occhiata. Come spesso capita, le conclusioni non sono felici come le premesse, però quando Musso scrive che in Silvio si fondono "sfrenata fantasia e pragmatismo, utopia e azione", quando ci racconta la "teatralizzazione della politica" e il "Sarkorama", quando con sottile piacere manda a carte quarantotto il teorema della sinistra de noantri per cui Silvio vince solo grazie alla tv perché in realtà "gli studi sociologici hanno dimostrato che non c'è nessun "effetto diretto" di un mezzo di comunicazione sul comportamento sociale", non si può fare a meno di pensare ai grossolani errori in cui s'è impantanata la sinistra (italiana ed europea) e al perché alla fine della fiera oggi non ci sia un'alternativa credibile al Cav. La sinistra s'è svegliata dopo le elezioni regionali in mezzo a un incubo: Berlusconi che vince, conquista dopo il governo centrale anche quello del territorio e si presenta ai nastri di partenza del voto nazionale nel 2013. Insopportabile. Presa a «carriolate» anche in Abruzzo (omettono sempre di dire che le elezioni le hanno perse sonoramente), l'opposizione è schienata su qualsiasi posizione della magistratura. Anche quelle più irragionevoli, come nel caso dei tagli agli stipendi dei magistrati che non sono certo quelli di un lavoratore socialmente utile. Quando Berlusconi parla dei pm, della Rai, di Santoro, di un Paese in cui le corporazioni vogliono dire la loro e bloccare tutto, dà voce a quello che pensa il cittadino medio, non l'establishment irresponsabile (quello che non è sottoposto al voto popolare) o il ceto parassitario che vive di sottopolitica e sotto sotto preferisce che il carrozzone vada avanti verso il muro di titanio dello sfascio, piuttosto che tentare di cambiare rotta. Per questo la via giudiziaria al cambio di regime continuerà ad essere quella maestra per chi sogna la fine dell'era berlusconiana. Ma anche qui ho la sensazione che avremo qualche sorpresa destinata a diventare un boomerang per la sinistra in toga. L'inchiesta di Bari è un pentolone in ebollizione. Vedremo chi solleva il fuoco dei fornelli e fa tracimare l'acqua dove sta cuocendo la pasta. Berlusconi governa in un clima di permanente stato d'assedio. E siccome non abbiamo la mortadella sugli occhi né un pregiudizio che ci acceca, è logico che a questo punto il presidente del Consiglio abbia qualcosa da dire e anche da ridire. In nessun Paese occidentale s'è fatto un uso così spregiudicato delle inchieste e dei materiali d'inchiesta. Non si sono mai lette sui giornali le telefonate della Merkel, di Sarkozy, di Obama, di Blair o qualsiasi altro leader che ha responsabilità di governo. Credo sia giunto il momento per tutti di darsi una regolata nel nome non solo del diritto ma anche del dovere. Fatto salvo il diritto di cronaca, tutelate le ragioni di chi indaga, di chi scrive e di chi deve difendersi, è ora di chiudere il rubinetto del pozzo dei veleni.