Non è l'età a fare le pari opportunità
L'Europa giustifica l'aumento dell'età di pensionamento per le donne del pubblico impiego come un'operazione nel segno delle pari opportunità. Come se restare qualche anno in più dietro la scrivania di un ministero o allo sportello di un ufficio possa creare condizioni pari ai colleghi uomini per fare carriera e raggiungere posizioni di vertice anche finanziario. Ma forse la Commisisone europea ha dimenticato o finge di ignorare che le pari opportunità si giocano su altri piani. La vita professionale di una donna è spesso scandita da eventi la cui gestione ricade sulle sue spalle come la maternità, l'assistenza di anziani e familiari con handicap. Insomma la donna oltre che sul lavoro è impegnata su altri fronti con scarsissimi aiuti da parte delle strutture pubbliche. È la donna che spesso supplisce alle carenze del welfare e nel caso dell'Italia, è alle prese con una organizzazione sociale che non ha ancora preso consapevolezza del suo ruolo professionale. Quanti uffici sono dotati di spazi dove le mamme posono lasciare i figli, come accade nei Paesi nordici? E quali sono le strutture pubbliche dove gli anziani possono trovare non solo assistenza ma anche quella compagnia necessaria a strapparli dalla solitudine? Oltre al lavoro per la quale è retribuita, la donna si fa carico di una serie di attività senza alcun aiuto pubblico e quindi con un risparmio notevole per i conti dello Stato. Diverso è il percorso professionale di un uomo che, di norma, si dedica completamente alla professione. Se quindi la Commissione europea vuole davvero fare un'operazione di pari opportunità perchè non agisce sulle strutture pubbliche di aiuto alla maternità e all'assitenza di anziani e portatori di handicap.