I meriti del Cavaliere più grandi dei suoi errori
Cara Lia, il mio articolo su "Il Tempo" di domenica scorsa intitolato "Il Cavaliere ieri, oggi e domani" è il tentativo di disegnare uno scenario politico con un orizzonte credibile. Lei mi stimola ad andare più in là, cioè valutare ciò che è stato fatto finora dal Cavaliere e dare una prospettiva all’era berlusconiana e a quello che sarà domani. Lo faccio volentieri. Quando Berlusconi scese in campo l’Italia era in una situazione gravissima, sull’orlo del caos sociale, i conti pubblici al limite del collasso, una classe politica a pezzi e un paradosso storico in via di realizzazione: la presa del potere da parte dei post-comunisti proprio nel momento in cui il comunismo era stato sepolto dalle macerie del muro di Berlino. Il Cavaliere ruppe il sogno della gioiosa macchina da guerra di Achille Ochetto e inaugurò una stagione ancora oggi viva e vicina al sentimento di larga parte del Paese. Com'è stata condotta finora l'avventura? Vista con gli occhi della sinistra è un disastro. Ma la sinistra ha lo sguardo miope per due ragioni: 1. è utopista (e dunque tende a pensare che le sue idealizzazioni siano destinate a realizzarsi perfettamente); 2. è affetta da superiorità antropologica sull'avversario (e dunque disprezza a priori qualsiasi azione politica non provenga dalla sua parte). Vista con lo sguardo di un liberale l'era berlusconiana è un'opera incompiuta ma non da archiviare. Berlusconi in realtà è stato un innovatore della politica. Cito un paio di cose che mi sembrano rilevanti. 1. I sondaggi. Fino alla discesa in campo di Berlusconi nessuno aveva usato le ricerche demoscopiche per fare politica. Il generale Charles De Gaulle in Francia utilizzava i "cahiers de bord" per studiare l'opinione pubblica. Il Cav introduce questo strumento e la sinistra lo prende in giro (superiorità antropologica), dice che non si governa con i sondaggi (pregiudizio) salvo poi cominciare a farne anch'essa uso. Per studiare, per orientare, per decidere e qualche volta (vedere alla voce Prodi) pure vincere le elezioni. Prima rivoluzione. 2. Il programma. Berlusconi scende in campo e firma un patto con gli italiani. Lo fa nel salotto di Bruno Vespa. Scrivania. Penna stilografica. Presenta ai suoi elettori un programma semplice e si impegna a realizzarlo. La sinistra vede la scena in tv, tira pomodori e cavolfiori (superiorità antropologica), dice che sono bufale (pregiudizio), poi la stessa sinistra arriva all'estremizzazione del programma dell'ultimo governo di Romano Prodi: 281 pagine per stabilire nel dettaglio ogni legge da votare. Non è nel programma? Non si realizza. Seconda rivoluzione. 3. Il sistema politico. La discesa in campo del Cavaliere ha semplificato la mappa dei partiti. Si può discutere sulla maniera in cui ci si è arrivati, sugli errori (la legge elettorale attuale è da rivedere) ma nella sostanza oggi abbiamo un sistema bipolare con partiti obbligati a coalizzarsi e a dichiarare da che parte stanno. Il governo Berlusconi grazie a questo sistema ha governato ininterrottamente per tutta la legislatura superando il record che appariva imbattibile di Bettino Craxi. La sinistra non è riuscita in questa impresa non per ragioni di sistema, ma per la frantumazione al suo interno. Terza rivoluzione. 4. La secessione. Berlusconi ha tenuto dentro il sistema istituzionale un partito a vocazione secessionista come la Lega. Non bisogna mai dimenticare questo aspetto della nostra storia degli ultimi sedici anni. Il partito di Bossi nasce separatista e solo dopo un percorso al fianco del Cav cambia la direzione del suo progetto verso il federalismo. Certo, la Lega oggi è ancora sulle sponde del Po e pretende di essere di lotta e di governo, mostra pulsioni radicali che non la aiutano e ha fretta di dare autonomia ai suoi territori, ma bisogna chiedersi - con con un pizzico di realismo - che cosa ne sarebbe del Nord se Silvio non avesse incanalato il partito del Senatur verso un'altra strada. Quarta rivoluzione. 5. La politica estera. Il Cav in questo campo ha fatto bene e chi lo nega è in malafede. Si sono sprecati fiumi di inchiostro in ironie: dalla pacca sulla spalla, alla politica del cucù. Balle. Oggi siamo un Paese che contribuisce alle missioni Onu e Nato ma è autonomo dagli Stati Uniti più di quanto abbia mai fatto la sinistra. Berlusconi su questo punto ha dimostrato come una buona rete di relazioni si può costruire anche non essendo una potenza militare. Se avesse solo la forza (è un problema culturale) di investire di più nella Difesa, l'Italia sarebbe uno straordinario pezzo della scacchiera internazionale. Quinta rivoluzione. Berlusconi ha cambiato il costume politico e, nonostante i non pochi errori e una classe dirigente che spesso pensa al vantaggio privato in luogo del bene pubblico, resta un gigante rispetto ai nani che vediamo agitarsi nel panorama politico. Ha dovuto difendersi dall'assalto giudiziario e doveva ascoltare meno chi consigliava il concerto laddove bisognava decidere a maggioranza. Ma i cambiamenti di cui ho scritto sono essenza stessa del sistema. Occorrerebbe molto altro e alcune cose avrebbero dovuto essere messe in campo fin dal 1994: una riforma della giustizia penale e civile radicale; un'ampia liberalizzazione dei servizi; un taglio netto dei privilegi della classe politica; una riscrittura coraggiosa della Costituzione nella prima e nella seconda parte. Berlusconi su questo poteva far meglio. Ma le cronache di questi giorni parlano appunto di questo: la crisi economica e finanziaria innescata dal crac dei mutui subprime in America (2008) ha smantellato la grande ipocrisia che reggeva l'Europa: il sistema di welfare - lo scrivo e intendo in senso largo, dalle pensioni ai finti ammortizzatori sociali - del Vecchio Continente va rivisto. La Grecia insegna a tutti cosa c'è all'orizzonte per chi sgarra. Chi dovrebbe guidare questo percorso verso un altro Paese, un'altra mentalità e un'altra stagione? Il Pd che oggi si riunisce per sciogliere il fondamentale dilemma se un massone possa o no essere iscritto al partito? Il Pd che si occupa del gratta e vinci? O lo sfascista Di Pietro? La sinistra radicale che non è più neppure in Parlamento? Le idee politiche non prescindono dagli uomini. Non è mai stato così neanche in un passato con ideologie salde, forti e persino armate. Non lo sarà neppure in futuro. Se salterà fuori un nuovo campione, gli elettori lo riconosceranno come tale e lo voteranno. Per ora, con i tuoni e fulmini che si stanno abbattendo sull'Europa, meglio tenersi ancora ben stretto il Cavaliere.