E quando a Nocera Inferiore sopraggiunge il tramonto, polizia e altre forze dell'ordine s'aggirano con i fari accesi nel buio della notte.
Lucanon si trova. Non si sa che fine abbia fatto. Tutt'intorno c'è confusione. Notizie frammentarie, brandelli di informazioni, tracce. Nella notte la polizia rintraccia la rapitrice e il neonato. La gioia torna a esplodere a casa Cioffi dopo le lacrime e la disperazione. All'ospedale quando arriva la conferma del ritrovamento applausi e urla da stadio. «A quest'ora mi sento di avere un terzo figlio» - esclama Fabio Cioffi, il papà soldato del piccolo Luca. All'ospedale di Nocera si è riunita intanto una folla che inneggia alle forze dell'ordine. La paura del pomeriggio sembra così cancellata. Il pronto soccorso si riempie di gente. Le notizie sono ancora frammentarie. Si rincorrono le voci. Le indiscrezioni. La sorella di Fabio, la zia, confermano ma invitano alla calma. Fuori dall'ospedale ormai si è radunata tanta gente. Sono amici, parenti e tanti cittadini sconvolti da questo episodio. La confusione aumenta. Il pronto soccorso è ormai invaso. Trascorre qualche minuto e Fabio, papà del neonato, conferma il ritrovamento del suo piccolo angioletto. «Non so niente», continua a ripetere Fabio Cioffi alle insistenti domande. «Hanno ritrovato mio figlio, questo è quello che so e mi basta sapere questo per ora - dice tra le lacrime di gioia - Me lo stanno riportando qui in ospedale». Scoppia un altro piccolo boato e la folla lo incita gridando il suo nome a squarciagola. Poi il grido di protesta. Adesso aggiustate queste cavole di telecamere». Qualcun altro: «A questa donna mettetele una fune al collo». Fabio Cioffi è al settimo cielo «Ho avuto un altro figlio» continua ripetere. «Grazie a tutti, grazie a tutti». Esulta il papà di Luca, mentre fuori dall'ospedale di Nocera Inferiore la folla applaude alla notizia del ritrovamento del bambino. Di forza il marescaillo dell'esercito viene ricondotto all'interno del pronto socorso. La folla non va via, è lì che vuole attendere il ritorno di Luca. Ancora qualche minuto poi le sirene squarciano la notte. Una prima auto dei carabinieri arriva sgommando. Segue l'ululato di altre sirene. Arriva un'ambulanza scortata da alcune volanti della polizia. La folla ondeggia, si apre. A stento le auto si fanno strada verso il pronto soccorso dell'Umberto I di Nocera Inferiore. L'ambulanza della Croce bianca si ferma davanti all'ingresso. Si apre il portellone, la folla sembra trattenere il respiro, si intravede una carrozzina a stoffa scozzese bianca e verde. Ed esplode un nuovo boato come per un gol dell'Italai ai mondiali. «Luca! Luca!» si alza dalla folla. Infermieri e poliziotti con le lacrime agli occhi. La corrozzina con il neonato viene condotta all'interno del pronto soccorso. I poliziotti e gli infermieri faticano a tenere lontana la gente. Il bimbo torna così tra le braccia della mamma. «Ho pregato. Tutto il giorno», ammette Fabio Cioffi. Vuole vedere la rapitrice di suo figlio? «Non solo. Non lo so- ripete Fabio - certo non farò come il Papa che ha perdonato il suo attentatore». Cosa racconterà a Luca di questa giornata? «Gli dirò "se ti perderai ti ritroveremo"». I medici provvedono a una prima visita di controllo. Ma sembra che il piccolo non abbia avuto problemi. La mamma aveva nel frattempo riconosciuto la donna che le aveva portato via il suo Luca. Si tratta di una infermiera di Nocera che lavora al Cardarelli di Napoli. La donna è stata rintracciata dalle forze dell'ordine e posta in stato di fermo insieme con la figlia. La signora, Annarita Bonocore, avrebbe problemi psicologici, ha due figli: una ragazza di 19 anni e un maschio di 11. La figlia è stata condotta in commissariato e poi rilasciat dopo un paio d'ore. Dalle prime indiscrezioni investigative il rapimento sarebbe frutto di un sequestro su commissione. «Avevamo una traccia precisa e abbiamo seguito una sola pista. La donna fermata ha una sofferenza psicologica e il bimbo è stato ritrovato in una casa di Nocera Inferiore in ottime condizioni», conferma il questore di Salerno, Vincenzo Roca, arrivato all'ospedale di Nocera Inferiore. A quanto si apprende, la donna aveva preso un periodo di congedo di 10 giorni dal suo lavoro al pronto soccorso del Cardarelli. Il bambino è stato ritrovato in un appartamento al civico 10 di via Arturo Petrosini. «Me l'hanno consegnata per accudirla». È una delle poche frasi che avrebbe pronunciato Annarita Bonocore, secondo quanto si apprende da fonti qualificate, agli inquirenti che la stanno interrogando dopo aver liberato il piccolo Luca Cioffi. Una versione a cui gli inquirenti non credono e per questo sono in corso una serie di accertamenti, finalizzati ad individuare eventuali complici. Finisce così un pomeriggio di terrore che ha tenuto in ansia l'Italia intera. Tutto era cominciato alle 15 all'ospedale Umberto I di Nocera Inferiore. Tutto era sembrato maledettamente difficile, complicato, intricato. Come questa terra, dannata terra dell'agro nocerino-sarnese, quella lunga piana che si stende da Napoli a Salerno, lambendo Pompei da una parte, il Vesuvio dall'altra, il Monte Faito da un'altra ancora. Già, l'oscuro Faito che inghiottì con i suoi pini in un tranquillo pomeriggio d'agosto di 14 anni fa Angela Celentano, una bimba di tre anni svanita nel nulla nel mezzo di un picnic estivo e mai ritrovata. Questa terra torna a piangere e a disperarsi. La storia di Fabio Cioffi, 39 anni, e di sua moglie Annalisa Fortunato, 35, è quella di una tranquilla famiglia italiana. Lei ragioniera. Lui sottufficiale dell'Esercito, è nell'Ariete, vola in missione all'estero, in Libano, dopo l'Afghanistan. Torna in questo fine settimana per assistere la sua donna incinta che sta per partorire. Hanno scelto di chiamare il piccolo Luca. E Luca viene alla luce ieri mattina alla 9.30 dopo una notte di travaglio. Il vero dolore arriverà qualche ora dopo. All'ora di pranzo papà Fabio decide di tornare a casa, a Nocera Superiore dove la coppia s'è trasferita da poco. Racconterà Antonio, padre di Fabio e nonno di Luca: «Era andato a mangiare qualcosa a casa, a riposarsi. E ad assistere Alessandro, il primo figlio di due anni. Sapete com'è in questi casi». Le gelosie che possono scattare tra primo e secondogenito, chi ha avuto almeno due figli queste storie le conosce bene. Insomma, una vicenda normale. La mamma resta nella sua camera dell'ospedale Umberto I di Nocera con i suoi genitori. Entra una donna sui trentacinque anni, capelli scuri legati da uno chignon, occhiali da vista metallici ovali. Indossa una camicia e pantaloni bianchi, un paio di scarpe bianche con scritte rosa sui talloni. Si finge infermiera, prende il neonato per portarlo, afferma, a fare controlli. Annalisa ha già vissuto questi momenti, ha già partorito. Sembra tutto normale. La donna preleva il bimbo e scappa via. Nessuno s'accorge di nulla. Nel sequestro c'è solo un inciampo, piccolo ma può essere determinante. La finta infermiera con Luca in braccio si ferma nell'atrio, chiede a una signora di mezza età dov'è l'uscita del pronto soccorso. La signora sta dando le indicazioni quando si insospettisce: «Scusi, ma lei è un'infermiera e chiede indicazioni a me?». Ma la «ladra» non ha esitazioni. Dice: «Sono infermiera ma non in questo ospedale. Sono venuta a trovare mio marito che è qui in rianimazione, è stato ricoverato d'urgenza». Poi accelera la conversazione, le parole di fanno più concitate, le scalpitano i piedi: «Ho partorito da poco e devo riportare il bambino a casa di corsa». La signora s'impietosisce. Indica l'uscita. La finta infermiera attraversa l'uscio e sparisce nel bagliore di sole delle tre del pomeriggio. Un camice verrà trovato poco lontano dietro l'ospedale. La mamma intanto non sa nulla. Passano secondi preziosi, minuti fondamentali. Un'ora in tutto che può valere una vita. Nella stanza del reparto entra una vera infermiera, chiede dove sia il bambino neonato, le rispondono ovviamente l'ha preso poco prima una sua collega. O quella che ritengono essere una collega della donna dal camice bianco. Si cerca Luca. Al nido non c'è. Non c'è al reparto. Non c'è. Non c'è qui, lì, da nessuna parte. E passano altri minuti terribili che si trasformano in un vantaggio che ancora a notte sembra incolmabile. Viene avvisato il posto di polizia dell'ospedale e poi su, a salire di grado. Il commissariato di zona, la questura di Salerno. Viene allertato anche il capo della polizia Manganelli che spedisce di corsa da Roma due specialisti dello Sco. Ma il setaccio da queste parti pare impresa improba. Tutt'intorno dominano le campagne destinate alle coltivazioni. Un mondo dimenticato dallo Stato. E dimenticato anche da Dio visto che qualche decina di chilometri più a sud si erge quella Eboli di leviana memoria. Con passare delle ore le varie segnalazioni cadono nel vuoto. C'è chi ha visto una donna salire su un treno a Cava de' Tirreni, poco distante. Ma i particolari non coincidono. Si cerca una Punto verde con due nomadi sulle autostrade, ma niente da fare. Vengono setacciati due campi Rom ma inutilmente. Le telecamere dell'ospedale non servono a nulla, sono rotte da tre mesi. Il direttore del nosocomio di concede una battuta: «Qui non è mica un carcere». Un penitenziario no, ma terra di nessuno sì. Il padre prova un disperato appello: «Spero che sia una folle e che ci ripensi. Spero che ci riporti Luca. È un brutto film. Aiutateci tutti». E poi frasi confuse, come le ricerche. Fabrizio dell'Orefice