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Mondello: i miei primi diciotto anni

Andrea Mondello, presidente della Camera di Commercio di Roma

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Presidente Andrea Mondello, lunedì lascerà la presidenza della Camera di Commercio di Roma dopo 18 anni. Lascia in cassa 170 milioni di euro. È soddisfatto? «È il frutto di una gestione virtuosa e collegiale. Questi fondi andranno impiegati per una grande operazione di rilancio: idee e progetti di cui Roma ha straordinariamente bisogno». In questi anni non è stato facile... «Abbiamo faticato soprattutto per superare la logica dei veti che imperversava a Roma nei primi anni Novanta. Poi, invece, le proteste hanno lasciato il campo alle proposte e Roma ha cominciato a crescere. Nel 1992 vivevamo un nobile declino, ora abbiamo un altro orgoglio: l'Auditorium, la Fiera, il Polo tecnologico, il Car e tante altre cose ne sono la dimostrazione».   Le cose più belle che ha fatto in questi 18 anni? «Essenzialmente aver lavorato bene con tutti: sia con le associazioni sia con le amministrazioni. È stato evidente: Roma ha avuto almeno 16 anni di crescita e ancora adesso, in piena crisi, regge meglio delle altre città. C'è una cosa però che voglio ricordare: la Camera di Commercio ha messo a disposizione delle imprese 12 milioni di euro per trasformare i contratti dei giovani da tempo determinato in indeterminato. Così abbiamo stabilizzato 2.400 ragazzi».   Invece dov'è che si poteva fare di più? «Sull'internazionalizzazione, cioè la promozione delle nostre imprese all'estero. Ma anche sulla cultura: ci ho messo tanti anni a convincere tutti che è uno straordinario motore per la città e per le imprese. Avrei voluto investire nella cultura ancora più soldi».   Ha mai pensato di lasciare? «Nel 2005. Ma non si è trovata l'intesa sul successore e dunque sono rimasto. Da allora non mi sono mai sentito veramente libero. Sarà che mi ero posto come limite dieci anni, invece sono arrivato a diciotto».   Ma è vero che in questo tempo ha devoluto il suo stipendio in beneficenza? «Preferisco non rispondere. Per me vale soltanto l'orgoglio di aver servito un'istituzione». Con la vittoria di Alemanno in Campidoglio si diceva che lei avrebbe avuto molte difficoltà. Invece è stata più semplice di quando c'erano Veltroni e Bettini... «Sono un liberale: contano più le istituzioni che gli uomini che le guidano» Più volte l'hanno proposta per fare il sindaco o il presidente della Regione. Perché non si è mai candidato? «Me l'hanno sempre proposto quando la sconfitta era sicura. Ma questa è una battuta. In realtà non ci sono mai state le condizioni».   Come lo vede il suo futuro? Incerto come quello dei giovani?  «Sicuramente più breve. Ho le idee chiarissime: continuerò a fare l'imprenditore e manterrò un impegno particolare per la mia città e per il mio Paese».  

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