Ora il Pd teme i suoi massoni
Non ci saranno più i cineforum, le discussioni filosofico-politiche nelle sezioni, i documentari modello Corazzata Potemkin. Ma le battaglie del Pd continuano anche nel terzo millennio. Ecco dunque l'ultimo grande dibattito nel Partito con la p maiuscola: massoneria sì o massoneria no? E giù dichiarazioni a pioggia, convocazioni degli organi dirigenti e, perché no, lezioni di morale. La storia è questa: pochi giorni fa Guido Mario Destri, assessore Pd al Bilancio del comune di Scarlino (Grosseto), è stato costretto alle dimissioni perché una foto lo ritrae durante una riunione massonica. Immediata - e maledetta - scatta la ricerca di un precedente e il responso è curioso: stessa sorte era toccata a Ezio Gabrielli, assessore Pd di Ancona. Per gli uomini di Bersani ce n'è abbastanza per levare gli scudi. Il Pd è pronto a una nuova battaglia per difendere - da se stesso - la sua identità. Sì perché va bene la crisi, Israele e le intercettazioni, ma la massoneria è la massoneria. I primi a minare - dall'interno - i confini del partito sono i dirigenti di area cattolica. È Beppe Fioroni a suonare la carica: «Il Pd non può avere né zone grigie, né coni d'ombra, né eccezioni per questa o quella associazione». Deciso il suo appello a Bersani: «Mi auguro che il segretario voglia intervenire con urgenza e determinazione su un punto che non può lasciare dubbi, perché ne verrebbe messa in crisi la credibilità del Pd in tante battaglie». Stavolta, almeno, l'aut aut è chiaro: o massoni o democratici. Ed è la solita bufera di dichiarazioni: «Il nostro è un partito aperto, alla base della sua concezione politica c'è partecipazione e pluralismo, non chiusura e segretezza», tuona il deputato Pd Gero Grassi. Netti anche i parlamentari Daniele Bosone e Giovanni Sanga: «In un momento in cui il Pd deve porsi di fronte al Paese con tutta la forza delle proprie idee, la chiarezza dei propositi e la coerenza dei comportamenti da parte dei suoi dirigenti riteniamo inopportuno che un iscritto possa essere anche affiliato a qualsiasi loggia massonica». Nel frattempo piovono da tutti i lati appelli a Bersani. A tal punto che la Bindi è costretta a intervenire: «Penso che il codice etico del Pd parli chiaro: le donne e gli uomini del partito si impegnano a non appartenere ad associazioni che comportino un vincolo di segretezza. C'è un divieto evidente di iscrizione alla massoneria. Avverto pertanto - aggiunge la presidente dell'assemblea nazionale dei democratici - una certa strumentalità nelle richieste rivolte al segretario». Nel frattempo, inevitabilmente, è nato il «caso Pd-massoneria». Di Pietro ne approfitta per uno slogan: «In un Paese democratico e libero i sistemi massonici non dovrebbero esistere, perché per definizione difendono la casta e settori specifici di interesse». Sembra una storia d'altri tempi. Luigi Berlinguer, presidente della commissione di garanzia del Pd, ritiene che la polemica trovi già una risposta nitida nello statuto e del codice etico del partito, ma a fine serata annuncia che il tema massoneria verrà debitamente affrontato il 7 giugno in commissione. L'ex assessore marchigiano Ezio Gabrielli ne approfitta per dire la sua. In una lettera indirizzata alla Commissione di garanzia sostiene che sulla decisione del 7 giugno «si misurerà la capacità della nostra dirigenza di rendersi guida di un soggetto politico laico e rispettoso delle diverse individualità». E, come chi non ha più niente da perdere, domanda: «Nel momento in cui un massone regolare promette "sullo scrupoloso rispetto della Carta costituzionale e della legge" com'è possibile considerare tout court l'incompatibilità con l'iscrizione al Partito?». A Bersani, e ai suoi, l'ardua sentenza. Forse, però, di queste cose sarebbe meglio discutere in segreto.