A Palazzo Koch niente gossip
Giulio Tremonti può contare, alla vigilia della Finanziaria, su una linea di credito ampia ed incondizionata da parte della Banca d’Italia. È questa la sensazione, chiara e trasparente, che Mario Draghi ha voluto trasmettere al Parlamento e alle parti sociali alla vigilia della manovra da 24,9 miliardi. È un'arma preziosa che Tremonti saprà brandire per respingere i tradizionali assalti alla diligenza che già si profilano all'orizzonte, magari mascherati da propositi nobili, dalla cultura alla lotta alla criminalità. Bisogna tenere dritta la barra del timone, senza farsi distrarre da interessi particolari che pure, spesso, possono contare su sostegni vicini al premier. Stavolta, insomma, le Considerazioni Finali hanno deluso i professionisti del “gossip”, così avidi di possibili screzi tra Tremonti e il governatore, possibili prime donne anche sulla ribalta internazionale. Tra i due, per la verità, da tempo è scoppiata la pace, grazie anche al pressing del ministro a favore di Draghi alla Bce. I tempi delle punture di spillo, insomma, sono alle spalle, complice una situazione in cui non è lecito scherzare. In una cornice internazionale che torna a tingersi di incertezza, causa la crisi greca, la Banca d'Italia abbandona i panni della mosca cocchiera, spesso così utili, per sottolineare la sua funzione di istituzione dello Stato. Le considerazioni di Draghi, stavolta, riflettono un indiscutibile ottimismo della volontà. Per carità, i problemi sono oggettivamente gravi, a partire dalla perdita di produttività del lavoro e dalla minor crescita del Paese rispetto ai concorrenti, anche se una bella fetta di imprese ha saputo reagire. Per la prima volta, poi, c'è un accenno esplicito al nodo della corruzione, handicap insopportabile per un Paese che accusa costi impropri sempre più elevati. Ma le condizioni di partenza non sono disastrose. Certo, la spesa pubblica corrente è cresciuta a livelli insostenibili, ma prima della crisi i governi che si sono succeduti dal 1999 al 2007 erano riusciti ad abbassare il rapporto debito/pil di 18 punti (ma 15, ahimè, sono andati in fumo con la recessione). Certo, la crisi ha provocato una grave battuta d'arresto nella crescita, ma sia le famiglie che le imprese accusano un debito ben inferiore alla media. Inoltre, proprio la famiglia spa, così cara a Tremonti, si tiene ben stretto un tesoretto invidiabile: un salvadanaio che vale, in conti correnti e Bot, il doppio del pil, per non parlare di un patrimonio immobiliare pari a cinque volte la ricchezza prodotta in un anno. Un Paese che non ha intaccato questa ricchezza, nonostante una crisi così violenta quale quella che ha investito l'economia globale, ha i numeri per ripartire. Purché sappia, finalmente, far pagare le tasse a chi evade e, in parallelo (non dopo, caro Tremonti), sappia ridurre il carico fiscale per gli onesti. E purché si riveda l'età pensionabile. Qui, almeno a parole, Tremonti non ci sente. Anche se è lui a parlare di un'Europa “che ha poche culle e poche tombe”. Già, la questione previdenziale, e non solo quella, ormai si risolve solo a livello continentale. E qui Draghi e Tremonti, dopo qualche screzio, ormai sembrano gemelli ben affiatati.