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Siamo alla golpe mania

Il fotografo Umberto Pizzi che scattò le immagini durante la festa all'ambasciata tedesca alla fine di giugno del 2003. La foto fu scattata da Bruno Vespa

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L'Italia continua ad apparirmi esattamente come la descrisse Giuseppe Prezzolini, divisa nella sostanza in due categorie: i furbi e i fessi. Il suo codice della vita italiana è ancora un insuperabile baedeker per capire come mai il Belpaese sia ridotto così. Prendete la definizione di fesso di prezzoliniana memoria: «Se uno paga il biglietto intero in ferrovia; non entra gratis a teatro; non ha un commendatore zio, amico della moglie e potente nella magistratura, nella Pubblica Istruzione, etc; non è massone o gesuita; dichiara all'agente delle imposte il suo vero reddito; mantiene la parola data anche a costo di perderci; eccetera, questo è un fesso». Stento a trovare definizione migliore e sono sicuro che anche voi, cari lettori de Il Tempo, non ne abbiate in serbo una più efficace. Gli italiani continuano ad essere questa roba qui. Come sapete non sono un iscritto alle liste del partito sfascista, né svolgo la professione di indignato speciale, ma se metto insieme un paio di fatterelli che abbiamo sotto gli occhi non si può di certo cantare a squarciagola Viva l'Italia. Prendete la storiella del signor Franco: abbiamo un pezzo importante del Paese che ha deciso di andare a caccia di un fantomatico agente dei servizi segreti che avrebbe fatto da ufficiale di collegamento tra mafia e Stato per far nascere la seconda Repubblica di matrice berlusconiana. Il tutto sulla base delle dichiarazioni di un pentito chiamato Spatuzza il quale ha raccontato ai magistrati come gaiamente con la destra squagliava cadaveri nell'acido e con la sinistra mangiava un panino, e dei ricordi di un figlio che ha ereditato un nome illustre, Ciancimino, ma finora ha mostrato solo poche idee e ben confuse. Abbiamo svelato ieri, grazie al nostro Alberto Di Majo e all'inossidabile Umberto Pizzi, che tutte le ricostruzioni offerte dai pistaroli di professione si infrangono sul muro di marmellata eretto dal racconto del nostro fotoreporter. Niente combacia con le tesi dei pistaroli: la foto non è del 2006 ma del 2003, lo scatto è quello sbagliato, il personaggio sospettato in prima battuta è un dirigente della Bmw, il secondo che noi abbiamo mostrato per ora non si sa chi sia, il ricevimento al quale partecipava tutto il bel mondo della Roma potentona non era in Vaticano ma all'ambasciata tedesca. Se questo è un complotto è del kaiser e non dei preti e dei baciapile. Ho la netta impressione che siamo di fronte all'ennesima sòla o patacca. Un pacco e contropacco che hanno un solo scopo: «mascariare» la maggioranza, mettere tutta l'èra berlusconiana sotto il riflettore della collusione con poteri e trame oscure. Balle. E mentre un pezzo d'Italia s'affanna a cercare prove che non esistono, spendendo soldi del contribuente e minando quel poco di credibilità che hanno ancora le istituzioni, un altro pezzo del Paese, quello che si ritiene antropologicamente superiore, quello che ritiene di dover guidare lo Stato per diritto divino con sprezzo del pericolo e del ridicolo, evoca complotti e scenari tremendi, i quali se non fossimo in Italia sarebbero seppelliti da una risata. Ma tant'è, la maggioranza si ritrova a dover respingere al mittente le accuse di un ex tutto come Carlo Azeglio Ciampi. Ex governatore di Bankitalia, ex ministro del Tesoro, ex presidente del Consiglio, ex Presidente della Repubblica. Carletto è stato l'uomo ovunque di un certo mondo e fa sorridere scoprire, dopo tanti anni, dopo che lui ha pigiato i tasti nella stanza dei bottoni, che temeva un golpe contro l'Italia nel 1992. I suoi ricordi sono a dir poco imprecisi, la sua ricostruzione non ha lo straccio di una notizia ma tutto si svolge per allusione. E siccome la fonte è quel che è, basta e avanza per gettare un'ombra inquietante laddove non dovrebbe essercene alcuna, cioè sul centrodestra di marca berlusconiana. In compagnia di Veltroni, altro campione del nulla, un certo establishment vuol far passare l'idea destabilizzante di un quindicennio non azzurro, ma nero e colluso. Di fronte ad una cosa del genere la maggioranza dovrebbe chiedere all'esimio Massimo D'Alema, presidente del Copasir (il Comitato parlamentare che controlla i servizi segreti) una convocazione urgente per affrontare di petto la questione. O Ciampi e Veltroni tirano fuori le prove di quel che dicono e soprattutto alludono (e allora ci devono spiegare perché lo fanno solo ora) oppure rischiano seriamente di passare per due sagome che raccontano un sacco di fanfaluche. Questa storia delle stragi di Stato con l'impronta digitale del patto scellerato tra la nascente Forza Italia e la mafia non è da far passare come l'ennesimo noir all'italiana dove la trama finisce sempre senza un colpevole e una logica. Affermare di fronte al Paese cose di una tal gravità e pensare poi di far spallucce o dribblare la faccenda come se si trattasse di una discussione accademica sulla formazione della Nazionale ai Mondiali, non è possibile. Abbiamo già visto di quale pasta frolla sia fatto il caso del «signor Franco». Il nostro Pizzi ci ha messo sopra la sua marmellata. Ora attendiamo gli altri ingredienti e vediamo chi cucina il piatto migliore.

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