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Napolitano s'attacca a una parola

Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica

Silvio: "Il Palazzo contro di me"

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Una battuta, detta così, rapidamente in macchina, con lo sportello aperto. Sono bastate quelle poche parole pressocché insignificanti per far venire di nuovo fuori la tensione che c'è, e forte, tra Quirinale e palazzo Chigi. Tra il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio. O forse sarebbe meglio dire irritazione del Capo dello Stato nei confronti del premier. Per il fatto che la Manovra da martedì è arrivata solo ieri mattina al Quirinale e anche perché al Colle si sentono un po' presi in giro per la questione del ministero dello Sviluppo Economico. Claudio Scajola si è dimesso il 4 maggio; assumendo subito dopo l'interim del dicastero il Cavaliere aveva promesso che avrebbe mantenuto le deleghe per poco, questione di giorni. E anche perché al grande portone di via Veneto che nasconde la grande vetrata di Sironi bussano le sempre più numerose aziende in crisi e non c'è un ministro a tempo pieno. Dunque, i fatti. Berlusconi, uscendo ieri mattina da palazzo Grazioli, sale in macchina. I giornalisti gli fanno domande a raffica sul decreto di stabilizzazione dei conti pubblici e lui, con la portiera ancora aperta, si lascia scappare: «È all'attenzione del Capo dello Stato». I cronisti domandano se l'abbia firmata, il presidente del Consiglio replica: «Verrà firmata quando il Colle darà la sua valutazione». Una frase innocua a prima vista. Ma al Quirinale non la pensano così. Quelle parole, messe in fila così, possono dare adito a un'altra interpretazione, un po' maliziosa. E cioé che il provvedimento è stato inviato sul Colle dove sarà valutato e solo dopo sarà firmato dal Cavaliere. Visto che la linea ormai è di non farne passare una al premier, arriva subito la rettifica: il provvedimento sulla Manovra economica è stato trasmesso da Palazzo Chigi al Quirinale - fanno sapere ambienti del Colle -. Napolitano sta esaminando il testo del decreto legge che è stato già fir-ma-to dal presidente del Consiglio. E non basta. Perché di fatto il Quirinale chiede anche una nota scritta di precisazione: «Il testo della Manovra economica, già firmato dal presidente del Consiglio, è ora al Quirinale in attesa della valutazione del Capo dello Stato». Tremonti invece la prende più leggera: «Il testo della Manovra è stato inviato al Quirinale, previa "bollinatura" da parte della Ragioneria generale dello Stato», visto sul Colle si era fatto sapere di essere in attesa anche di un parere di Mario Canzio. Il ministero dell'Economia aggiunge in una nota: «Per suo conto il professor Giulio Tremonti formula a "velenisti" e "velinisti" i migliori auguri per un meritato e tranquillo ponte del 2 giugno». Le polemiche non si placano. I magistrati minacciano lo sciopero perché non vogliono digerire i tagli, si augurano che non siano stabili e fanno notare che, nel caso, il prezzo più caro lo pagherebbero le toghe più giovani. A tambur battente il sottosegretario Letta fa sapere che incontrerà domani l'Anm e le azioni di protesta al momento vengono accantonate. Parole pesanti invece arrivano dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. Ai microfoni di Sky Tg24 definisce la Manovra come il «frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata che ci ha portato fuori binario nella spesa corrente, che ci ha ridotto gli investimenti e quindi abbassato la crescita e che non ha tenuto i conti a posto come si è visto. E adesso si ripropone una strada che per noi è sbagliata».   Bersani denuncia anche «uno spettacolo inverecondo, non si sa bene cosa il Consiglio dei ministri abbia approvato» e di una situazione «ai limiti estremi del quadro costituzionale». A suo giudizio tutto questo accade perché ci sono «delle differenze, per dirlo con un eufemismo, delle risse penso, dentro al governo e quindi vedremo carte cambiare in questi giorni. Vorrei sapere se ci sono ancora le norme che raddrizzano le procedure della Protezione civile, tanto per fare un esempio dei dieci che si potrebbero fare».   Il leader del Pd lamenta anche il fatto che «non si spieghi perché dobbiamo fare questa Manovra. Non è mica una grandine questa Manovra qui... Dire che è l'Europa che ce la chiede è una falsità». Arriva la replica del portavoce del governo, Paolo Bonaiuti: Bersani «dovrebbe essere più responsabile. La Manovra taglia le spese, ma favorisce lo sviluppo». Non fa in tempo a parlare che si apre un nuovo fronte. Il ministro dei Beni culturali Sandro Bondi avverte: «I tagli anche al settore cultura erano necessari, ma sarebbe stato meglio concordarli all'interno del governo».  

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